“Sono cresciuto con il mito di Buffon – racconta Elia Caprile, portiere del Bari, a figc.it –. Non ho mai desiderato far altro che il portiere, la mia non è una storia di un ragazzino messo tra i pali perché mancava chi parasse. Mi sono innamorato di questo ruolo sentendo i racconti di mio padre del Napoli di Garella, vedendo le gesta di Zoff e quelle di Buffon. Il mio supereroe, ma che ho scoperto essere una persona straordinaria”. Un anno fa, in pochi lo conoscevano: nato a Verona e cresciuto nel Chievo, Caprile ha poi vissuto un’esperienza in Inghilterra con la maglia del Leeds, che in panchina aveva un ‘guru’ come Marcelo Bielsa. “Quella di Leeds è stata un’esperienza formativa in campo e fuori, già a partire dall’aver imparato una nuova lingua – spiega –. In quella squadra c’erano grandi calciatori: da Raphinha a Phillips, poi Bielsa in panchina. Per quanto attorno a lui ci sia il mito del ‘Loco’, è un allenatore top. Mi ha lasciato tantissimo anche a livello personale: un uomo vero, che ci parlava di calcio, ma anche della storia di un suo amico minatore, che guarda in basso ma senza mai perdere di vista la luce. Ci parlava di cosa significasse per lui vivere lontano da casa, dalla famiglia, ci parlava di sogni”.
Il suo sogno, Caprile lo sta realizzando ogni giorno che passa. “Ho vissuto un periodo di cambiamenti: se qualcuno, un anno fa, mi avesse detto che avrei giocato da titolare nel Bari e in Nazionale, mi sarei sentito quasi preso in giro. Ma ho sempre saputo da dove sono partito e dove voglio arrivare: i sacrifici pagano. Mi aspettano tre mesi di fuoco: con il Bari siamo in corsa per andare in Serie A e vogliamo giocarci le nostre chance fino alla fine, poi c’è l’Europeo Under 21, dove spero ovviamente di esserci. A Bari non era disponibile la maglia numero 1: era di Gigi Frattali, il portiere che aveva vinto il campionato di Serie C, non mi sono neanche azzardato a chiederla. La 12 e la 22 non mi piacciono, così ho scelto il 18: giorno di nascita di mio padre e della mia ragazza”.
Nell’estate del 2021, quando l’Italia vinse l’Europeo a Wembley contro l’Inghilterra, il Leeds di Caprile si era già radunato. “C’erano tante bandiere al centro sportivo, era come se avessero già vinto e mi prendevano in giro. Il giorno dopo la finale, invece, arrivai a petto in fuori al campo. Quell’Europeo lo vinse la squadra, ma tutti noi ci sentiamo nel nostro piccolo campioni d’Europa. Arrivando in Nazionale, poi, ho avuto la sensazione di vivere in una grande famiglia, e anche di essere osservati dal Ct. Quando si è capito che Provedel non avrebbe potuto rispondere alla convocazione, Carnesecchi è andato a Coverciano. Per noi è una cosa importante”.