Quando Vlahovic è assente, Morata balla. E regala tre punti a una Juventus ai minimi storici contro uno Spezia organizzato ma paradossalmente forse poco convinto di poter far male alla Vecchia Signora, che dopo un buon primo tempo nella ripresa è un mezzo disastro e si concede di fatto agli avversari, riuscendo però a evitare di subire il pareggio che avrebbe fatto malissimo alle ambizioni di Champions e, perché no, di scudetto mai sopite. Si sa che però da queste parti vincere è l’unica cosa che conta e per il momento basta.
Il primo tempo della Juventus è incoraggiante, perché, dopo i primi dieci minuti in cui la squadra di Allegri ha francamente faticato a mettere insieme tre passaggi di fila, come d’incanto arriva il gol del vantaggio di Morata che si toglie di dosso le scorie di un’astinenza troppo lunga per uno col suo pedigree e firma l’1-0 col piattone partendo dall’ormai classica posizione defilata. Da qui fino all’intervallo la Juventus mostra maturità: abbassa e alza i ritmi a proprio piacimento, gestisce la partita e soffre pochissimo, d’altro canto senza però produrre occasioni da gol particolarmente pericolose. La ripresa, però, costituisce un brutto passo indietro. La squadra è inconcludente, commette tanti errori in contropiede e rischia più volte di subire il gol del pari, graziata in particolare dalla testa di Gyasi. In generale, i bianconeri si sfilacciano, si allungano, patiscono i cambi e sentono forse la stanchezza della Fiorentina in settimana. E proprio come al Franchi, da attiva e propositiva la prestazione diventa scialba e timorosa, lasciando il pallino del gioco a uno Spezia impreciso ma che se gioca così anche le ultime dieci si salverà.
Emblematica, in questa partita, la prestazione a due facce di Vlahovic proprio come quella della sua squadra. Il serbo nel primo tempo fa a sportellate, mostra buoni movimenti e belle giocate, prende falli e fa salire la squadra, dialogando bene coi compagni. Nel secondo tempo, scompare dal campo e se lo si vede è solo per un’ammonizione a causa di una sbracciata volontaria, per gli errori e la faccia triste nel ritrovarsi sempre da solo. Poi riappare a cinque minuti dalla fine, ma solo per lasciare spazio mestamente a Kean. Ma quel che conta, in questa fase, sono i tre punti.