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L’epoca dei tornei delle scuole romane, dei giovani che si facevano le ossa sui campi di terra nella speranza di venire notati da Roma o Lazio. In quella Capitale di un calcio d’altri tempi, Vincenzo D’Amico – scomparso oggi a 68 anni – fu protagonista. Dalla sua Latina, fino all’Almas Roma (Serie D). Poi Carletto Galli, ‘Testina d’oro’ per i più, talent scout della grande Lazio di Lenzini, lo trascina via dalla pozzolana per garantirgli un futuro nella primavera laziale. D’Amico trova così il suo posto nel mondo in una squadra che vince lo Scudetto alla sua prima, vera stagione da professionista. Centrocampista di qualità, con attitudini offensive e dimestichezza col gol, ma anche con uno spirito di sacrificio che gli permette di imporsi presto come uno dei giocatori più amati della tifoseria biancoceleste. La sua carriera infatti parte subito in salita, con un grave infortunio al ginocchio che lo tiene fuori per la gran parte della stagione 1972-73.
Una volta recuperato, Tommaso Maestrelli gli ritaglia un posto nell’11 che scrive la storia biancoceleste. E da quell’11 non esce più. Nel 1973-74 colleziona 27 presenze con due reti (una delle quali nel derby con la Roma), vince lo scudetto e riceve il premio di miglior giovane del campionato. Nelle stagioni successive si conferma tra i leader dello spogliatoio, indossando anche la fascia da capitano, ma gli infortuni lo tormentano spesso e volentieri. Nell’estate del 1980, contro la sua volontà, viene ceduto al Torino. Ma è un’esperienza breve, destinata a finire in tempi brevi per un giocatore che anche negli anni migliori non era riuscito a conquistare la maglia azzurra della nazionale, un “ambiente che non mi garba, che è buono solo per chi sta al gioco del ‘tutto va bene'”, le sue parole in un’intervista a ‘Goal di Notte’. Non fu mai banale.
Roma è una calamita e D’Amico accetta di giocare in Serie B pur di tornare a vestire la maglia della Lazio. In B la differenza tecnica si vede e lui realizza 14 reti in due stagioni. Nel 1983-84 la Lazio torna in Serie A. D’Amico invece chiude la propria esperienza con i capitolini solo nel 1986, salutando i colori biancocelesti con 276 presenze e 40 reti in campionato, con 338 presenze complessive tra campionato e coppe. Ancora oggi è nella top 10 laziale per numero di presenze, alle spalle solo di Marchegiani, Milinkovic-Savic, Puccinelli, Lulic, Negro, Wilson, Favalli e Radu.
“Il presidente Claudio Lotito e tutta la S.S. Lazio apprendono con estremo dolore e profonda commozione la notizia della scomparsa di Vincenzo D`Amico, protagonista indiscusso dello Scudetto 1973/74. Leggenda biancoceleste e coraggioso capitano nei momenti difficili della Società, Vincenzino, come tanti lo hanno sempre continuato a chiamare, ha fatto innamorare i tifosi di diverse generazioni con le sue magie in campo e il suo infinito attaccamento alla maglia. D`Amico ha giocato nella Lazio dal 1971 al 1980 e, dopo un anno al Torino, dal 1981 al 1986: mai ha fatto mancare passione, impegno e dedizione ai colori biancocelesti. Il presidente Lotito, a nome di tutto il Club, rivolge alla sua famiglia e ai suoi cari le più sincere condoglianze. Non ti dimenticheremo mai, Vincenzo!”, il cordoglio della sua Lazio.
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