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Sotto gli occhi di Edin Dzeko, la Roma va. Per come è maturata la vittoria per 4-3 sullo Spezia in campionato, la prestazione non è stata poi così diversa in Coppa Italia. La squadra di Fonseca crea tanto, sbaglia tantissimo sotto porta e subisce il pragmatismo in zona gol da squadra in lotta per la salvezza. All’Olimpico Paulo Fonseca si gioca la gara chiave per il suo futuro senza tanti titolari. Fuori Mkhitaryan, Mancini, Pedro, Zaniolo e Dzeko, escluso ufficialmente per un problema fisico ma in realtà in rotta col tecnico. Un tecnico che negli ultimi due minuti vede prima lo spettro dell’esonero e subito dopo l’episodio che può non solo garantire la sua permanenza ma anche cambiare il volto della Roma. Dal 3-3 col gol dell’ex Verde, al 4-3 di Pellegrini. La Roma chiude il girone di andata con due gol in più rispetto alla scorsa stagione.
A sbloccare il risultato è stato Borja Mayoral. Ma il primo gol di questo week end giallorosso l’hanno in realtà siglato i Friedkin, bravi a non cambiare guida tecnica dopo la figuraccia in Coppa Italia. Non ha colpe Paulo Fonseca. Non ne avrebbe avute neanche stasera se Pellegrini avesse sbagliato la palla del definitivo 4-3. Oggi pomeriggio all’Olimpico la Roma subisce tre gol su tre clamorosi errori individuali e sbaglia qualcosa come quattro palle gol. Senza il bosniaco, la nota positiva riguarda Borja Mayoral, letale sotto porta in due occasioni su tre. Ottavo gol stagionale per lo spagnolo, tanti quanti Patrik Schick in due anni. Nel post partita Fonseca non nasconde la soddisfazione (“Emozionante esultare con la squadra. Bisogna rispettare questa squadra”) e mantiene un silenzio che ha il sapore di conferma sugli attriti con Dzeko: “Non ne voglio parlare. Conta quanto fatto oggi dalla squadra“. Oltre a Borja Mayoral, a prendersi la scena è stato Lorenzo Pellegrini, autore di un assist e del gol che ha fatto saltare in piedi la città al 92′. Con Dzeko in bilico, quello del 4-3 può essere il gol della fascia da capitano. E la fascia non è mai stata tanto vicina a tornare nelle mani di un romano come accaduto per trentacinque anni negli ultimi quaranta.
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