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“Il calcio è entrato nella mia vita per caso, non avevo pianificato niente. Ho accompagnato il mio migliore amico per un provino al Club Deportivo Belgrano, mi hanno chiesto il ruolo e io ho risposto il numero 10 ed è così che ho iniziato a giocare. La morte di mio nonno è stato il momento un cui tutto è cambiato e ho iniziato a prendere sul serio il calcio, per aiutare la mia famiglia”. Queste le parole di Rodrigo De Paul che ha raccontato di come è iniziata la sua avventura nel mondo del calcio ai microfoni di Fifa.com. “La mia prima memoria riguardo la Nazionale risale al 1998. Avevo 4 anni e non potevo giocare con i bambini della mia età perché non esisteva la squadra e giocavo con i bambini più grandi. Mi hanno messo in porta, mi chiamavano Lechuga (soprannome del portiere argentino Carlos Roa). Con gli anni il mio modo di approcciarmi alla Coppa del Mondo è cambiato, ricordo ancora l’amarezza dopo la partita contro la Svezia – ha proseguito il fantasista dell’Udinese e della nazionale argentina – L’edizione del 2018 è stata la più difficile perché molti amici facevano parte della squadra. Ricordo ancora quando mi hanno comunicato la convocazione in Nazionale. Il Direttore Sportivo dell’Udinese, che conosceva Walter Samuel dal suo periodo con la Roma, mi ha detto che stava per chiamarmi. Pensavo mi dicesse che mi stavano monitorando, ma quando mi ha comunicato che ero entrato in squadra è stato molto bello. Mi sono reso conto di quello che era successo solo in campo mentre ascoltavo l’inno nazionale. In quel momento ho capito. Dopo l’impatto dell’essere stato chiamato e dell’aver giocato, dopo aver realizzato un sogno, senti un grande senso di responsabilità. Non è mica uno scherzo rappresentare 45 milioni di argentini”.
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