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“In caso di ripresa delle partite di calcio, i giocatori avrebbero una criticità di distanza (un contatto ravvicinato) per tempi molto brevi, non più di 90 secondi nel corso dei 90 minuti. Sono tempi che non determinerebbero un’eccessiva possibilità di contagio“. Attilio Turchetta, direttore dell’unità di Medicina dello Sport dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, nonché esperto della Società italiana di pediatria per le attività sportive, commenta così una ricerca danese condotta dall’Università di Aarhus in merito alle criticità della ripresa del calcio. Nella ricerca sono state prese in esame 14 partite della SuperLeague con la simulazione di un giocatore positivo al covid-19. Lo studio “ha evidenziato che il giocatore più esposto è l’attaccante, perché ha contatti prolungati – ha spiegato l’esperto ai microfoni della Dire -. Quello è il ruolo più pericoloso. Dobbiamo tenere conto anche di questi dati quando ricominceranno le attività sportive. Ci sono poi degli sport come il rugby o il judo dove il distanziamento e’ impossibile. In questi casi- conclude- bisogna solo continuare ad allenarsi e poi si troverà un modo per riprendere le sfide in sicurezza, con la speranza della produzione di un vaccino“.
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