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“Ripartenza? Gli arbitri sono determinanti, sarebbe come giocare senza pallone. L’unica cosa che stiamo facendo da mesi è mantenere forma fisica e mentale per dare il nostro contributo in caso di ripartenza di qualunque campionato”. Queste le parole di Marcello Nicchi, presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, intervenuto a Radio Sportiva circa la possibile ripresa del campionato dopo la sospensione di oltre due mesi dovuto alla pandemia di Covid-19. Il numero uno dell’Aia ha poi continuato: “Negli ultimi giorni ci sono state decisioni finalmente puntuali, si sono stabilite date, ci stiamo preparando a questa evenienza. Il 28 saremo convocati dal ministro Spadafora e speriamo che arrivi la data per la ripartenza senza se e senza ma. Il nostro protocollo? Sulla sala Var ne abbiamo sentite di tutti i colori. Io spero che avremo un protocollo definitivo prima di partire. Gli arbitri verranno trattati come i giocatori e forse addirittura con più attenzione, perché siamo un movimento che si sviluppa a livello nazionale. Ci stiamo già organizzando in accordo con la nostra commissione medica. Quando ci sarà il protocollo definitivo, il dottor Pizzi, che è il nostro rappresentante, ci dirà come muoverci. Per ripartire con arbitri e Var dovremo riprogrammare controlli su 120 persone”.
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Per quanto riguarda l’aspetto economico, Nicchi ha commentato: “Non ne abbiamo parlato, perché l’interesse di tutti adesso è vedere il pallone che torna a rotolare, poi se ci sarà bisogno di dare un riconoscimento a chi à chiamato a fare uno sforzo extra, l’associazione non si tirerà indietro come sempre. Noi volutamente siamo rimasti nell’ombra nel dibattito delle ultime settimane, siamo un’organizzazione all’avanguardia a livello mondiale e a volte molta gente parla di noi senza avere cognizione di cosa siamo e cosa facciamo, non solo nei campi di vertice ma anche di periferia. Gli arbitri, gli assistenti, gli osservatori, sono gente di grande spessore umano e atletico, non si può fare un paragone col passato perché oggi sono professionisti, sono preparatissimi e guidati da dirigenti di grande spessore. Poi se qualcuno si diverte a criticare un arbitro perché ha sbagliato una decisione, si torna ai vecchi schemi di cui non sentiamo la mancanza”. Infine, la chiosa finale: “Io spero che questo virus ci insegni a cambiare un po’ gli atteggiamenti e avere più rispetto. C’era bisogno del coronavirus per dire che i giocatori devono mantenere distanza dall’arbitro per una protesta? E’ una questione etica che mi auguro sia assimilata da tutti”.
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