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Si chiude un altro anno di grande calcio. E la notizia è che il campionato di Serie A al giro di boa è più competitivo che mai, tenuto in vita dagli exploit di Inter, Lazio e Roma a caccia di un ruolo da erede della Juventus di Maurizio Sarri. A condividere il primato in classifica ai bianconeri è la formazione di Antonio Conte a quota quarantadue punti. La Serie A del 2019 si chiude con la conferma dell’Atalanta, le sorprese Cagliari, Parma ed Hellas Verona e il buio sempre più profondo per Fiorentina e Genoa.
PAGELLONE
ATALANTA 9
Sessantanove punti, la qualificazione in Champions League e la finale di Coppa Italia. E quando tutti erano pronti a festeggiarne la caduta, ecco che l’Atalanta sorprende tutti prendendosi con le unghie e con i denti la qualificazione agli ottavi della competizione più importante che una squadra possa giocare. Il 2019 dell’Atalanta è una straordinaria opera d’arte da appendere sulla parete dei ricordi con un posto d’onore accanto all’era Stromberg e quella Domenghini. Nella stagione in corso, grazie anche ad un mercato all’altezza per le tre competizioni, l’Atalanta ha subito solo in parte le fatiche europee. Quinto posto e squadra perfettamente in corsa per l’obiettivo Champions.
JUVENTUS 8.5
Quale voto per l’anno 1 D.C.R., cioè il primo dopo l’arrivo di Cristiano Ronaldo? Non è blasfemia, semplicemente l’attesa febbrile di quell’estate del 2018, l’attenzione mediatica per ogni minimo movimento di CR7 e del suo super procuratore, Jorge Mendes, oltre ai rialzi super in borsa, ce li ricorderemo per anni e anni. E’ già storia, aldilà di come finirà . La Juventus del 2017/18 con un Cristiano Ronaldo in più con i suoi pro (poter dire ‘io c’ero, ho tifato per lui’ deve essere una soddisfazione impagabile) e contro (maxi rincari dei biglietti) ha raccolto in fondo non più di quello che le precedenti gestioni  tecniche hanno conquistato. L’impresa storica dell’ottavo Scudetto consecutivo è il risultato leggendario della squadra, del collettivo, della mentalità vincente che ha fatto sì che il pur ottimo Matri e Ronaldo raccogliessero lo stesso numero di trofei in bianconero. E’ mancato il titolo del campione, quella Champions League che rappresenta l’ultimo tassello per consegnare definitivamente alla storia questo decennio bianconero. La Juventus si è affidata all’uomo della storia per spezzare il tabù, lo stesso Cristiano Ronaldo che si è arreso ai quarti di finale sotto i colpi dell’Ajax di de Ligt. E per dimostrare quanto centrale sia ormai il ruolo della Juventus nel mondo, Agnelli s’è regalato anche il centralino olandese, autore di un inizio di stagione con luci e ombre ma in crescendo. Un po’ come la Juve di Sarri.
LAZIO 7.5
La stagione 2019/2020 era iniziata con i dubbi sul futuro di Inzaghi, sedotto dalla Juventus ma alla fine intenzionato a restare dopo una stagione in chiaroscuro in campionato (ottava) e in Europa League (sedicesimi di finale) ma trionfante in Coppa Italia grazie alla vittoria in finale sull’Atalanta. La qualificazione in Champions League solo accarezzata a maggio del 2018 prima che Vecino decidesse di andare a saltare su calcio d’angolo e distante dieci punti al termine dell’ultima stagione non è più un miraggio. Anzi. Chiudere con trentasei punti (con una partita in meno) l’anno con tanto di Supercoppa Italiana era un obiettivo che nemmeno il più ottimista dei tifosi avrebbe immaginato. Sarà il 2020 a stabilire se la Lazio potrà ambire a qualcosa in più della quarta posizione e rappresentare il terzo incomodo tra la Juventus di Sarri e l’Inter di Conte. Per ora una sola pecca: un mercato che non ha garantito alternative all’altezza per fare tre competizioni (e infatti l’addio all’Europa League è stato prematuro). Pochi elementi (Bastos, Caicedo e un Cataldi in crescita) possono sostituire i titolari senza che il gap sia avvertito più di tanto. E’ l’unica vera incognita della seconda parte di stagione che verrà .
INTER 7.5
Non è bastato a Luciano Spalletti raggiungere per due anni consecutivi l’obiettivo prefissato per difendere la panchina. Segno di come all’Inter il solo piazzamento in campionato non sia più considerato sufficiente. Antonio Conte ha portato pragmatismo, solidità del gruppo e quel Lukaku che senza il tecnico pugliese probabilmente sarebbe rimasto obiettivo di mercato irrealizzabile. L’esplosione di Lautaro Martinez e l’impiego di giovani nell’anno successivo al disastro Zaniolo sono stati il fiore all’occhiello di un girone d’andata da più di quaranta punti mentre l’eliminazione dalla Champions League (e quella dall’Europa League nella scorsa stagione) è l’unica pecca. La gestione dei casi Icardi e Nainggolan ha invece di fatto seguito le orme della gestione sportiva che l’ha preceduto. Checché se ne dica, l’ingresso di Antonio Conte nel mondo Inter è stato notevolmente in punta di piedi, con rispetto dell’ambiente trovato e delle abitudini dei tifosi. I fenomeni, nel senso dispregiativo del termine, sono altri.
HELLAS VERONA 7
Chi se lo sarebbe aspettato? Nessuno, inutile dire bugie. La rosa del Verona sembrava a tutti gli effetti incompleta e tutt’altro che pronta per la salvezza. Troppi giovani, si diceva, soprattutto in difesa (e invece Kumbulla e Rrahmani oggi fanno gola a più di una big), poco competitiva a centrocampo (sorpresa Amrabat che sarà ceduto ad una cifra superiore ai quindici milioni) mentre in attacco dopo le difficoltà iniziali, l’Hellas ha iniziato anche a segnare. Diciannove punti in classifica, con un solco di cinque punti dalla zona retrocessione e con una partita in meno. Chiedere di più è difficile.
CAGLIARI 6.5
La salvezza ottenuta con i denti nel finale di campionato a maggio è tutta nelle mani di Alessio Cragno, nella qualità di Barella e nei gol di Leonardo Pavoletti. Curiosità della sorte, gli uomini copertina del Cagliari impegnato nelle acque della lotta per non retrocedere, sono anche i tre grandi assenti (chi per infortunio e chi per la cessione) di una squadra stabilmente nei piani alti della classifica. C’è un centenario da onorare e la campagna acquisti è stata orientata in questo senso: Nainggolan, Nandez e Rog non solo non fanno rimpiangere Barella ma regalano a Maran un reparto mediano da lotta per l’Europa mentre Simeone è il perfetto partner d’attacco di un Joao Pedro finalmente pronto al salto di qualità dopo la squalifica. Dove potrà arrivare il Cagliari di Maran? Toccherà al 2020 rivelarcelo. E a Pavoletti.
PARMA 6.5
Una salvezza comoda nella stagione 2018/19 e un posto a ridosso della zona Europa a fine anno. Forse la squadra di D’Aversa non sarà entusiasmante sotto il piano del gioco ma è efficace e letale. Ne sanno qualcosa il Napoli e la Roma sconfitte dalle ripartenze micidiali della banda Kulusevski. C’è margine per sognare. Soprattutto se verrà ridotto il numero degli infortuni.
ROMA 6
Un finale di stagione da cinque, un avvio di campionato da sette. Ecco una piena sufficienza per i giallorossi conquistata solamente grazie all’equilibrio, all’umiltà e alla bravura di Paolo Fonseca, tra le grandi sorprese della prima parte di Serie A 2019/2020 nonostante i molti infortuni subiti. Dopo aver cambiato allenatore (la cura Ranieri al posto di Di Francesco stavolta non è bastata) e il terribile finale (con tanto di 7-1 rifilato in Coppa Italia dalla Fiorentina poi schiantata per 4-1 dal tecnico portoghese al Franchi) dello scorso campionato, il club giallorosso è ripartito alla grande con un nuovo ds (Petrachi) e tra i malumori (eufemismo) della piazza per via degli addii degli eterni De Rossi e Totti. E lo ha fatto sbagliando pochissimo sul mercato: Manolas per Diawara si è rivelato fin qui un affare e la coppia Smalling-Mancini non sta facendo rimpiangere l’eroe di Roma-Barcellona. Poi altri acquisti mirati e ideali per il gioco del portoghese: Veretout, Pau Lopez e Mkhitaryan hanno convinto, Spinazzola un po’ meno pur guadagnando una piena sufficienza in media. Ma il vero acquisto della stagione sta in un salto di qualità : Lorenzo Pellegrini è esploso forse definitivamente. La Roma sorride, Mancini pure.
NAPOLI 6
Se non è insufficienza, è solo merito dei 79 punti dello scorso campionato e di una qualificazione agli ottavi di finale di Champions ottenuta in un girone tutt’altro che facile. Si è chiusa con l’esonero a dicembre l’avventura di Carlo Ancelotti sulla panchina del Napoli iniziata prima con lo status di seconda forza del campionato blindato nel 2018/19 e poi disperso nel solo girone di andata. Parlare di avvio di campionato sotto le aspettative è un eufemismo considerando un mercato che avrebbe dovuto frantumare il gap con la Juventus. E invece per Manolas sono state più ombre che luci mentre Lozano non ha certo avuto l’impatto che ebbe Mertens appena sbarcato da quell’oasi felice per gli attaccanti chiamata Eredivisie. A Gattuso il compito di restituire certezze a chi non difetta certo di qualità .
TORINO 6
Stesso discorso della Roma ma a parti inverse e con le dovute proporzioni per via del diverso investimento sul mercato. Girone di ritorno del 2018/19 da sette, girone di andata del 2019/20 da cinque. E l’eliminazione ai preliminari di Europa League (con la complicità di un sorteggio sfortunato con il Wolves, tocca dirlo) pesa. Eppure la rosa granata recita nomi di spessore anche in panchina e più di una volta Mazzarri ha avuto la possibilità di far entrare a gara in corso giocatori come Meité, Laxalt, Zaza, Berenguer e Baselli. Insomma, la rosa è niente male. Ma i 21 punti parlano chiaro e la possibilità di avvicinarsi ai 63 punti della scorsa stagione sono già vicine allo zero.
BOLOGNA 6
La delicatezza e l’umanità nel gestire la malattia di Mihajlovic sono un punto in più a favore di una società che sotto il profilo umano continua a dimostrarsi perfetta. Lo ha spiegato benissimo Sabatini in conferenza stampa: “Non è solo una cosa umanitaria, è una valutazione tecnica: preferisco Sinisa con un 2-3% in meno piuttosto che altri allenatori”. Perché quel  girone di ritorno che ha permesso di salvare un Bologna che al giro di boa si ritrovava ultimo, è un lavoro da Sinisa. E replicare il compito nel 2020 sarà un lavoro da Sinisa, il “nostro condottiero”, per usare le parole del ds.
UDINESE 5.5
Fa il suo, senza troppi affanni. Quota 40 punti è lì, tutt’altro che lontana in proiezione. Raggiunta comodamente nel 2018/19, lo stesso risultato non dovrebbe essere complicato anche quest’anno. La rosa ha uno scarto troppo alto tra chi come De Paul è punto fermo della sua Nazionale e il resto della rosa (ad eccezione dei soliti Mandragora e Lasagna). Ma l’argentino e i due azzurri da soli non bastano per ambire a qualcosa in più.
SASSUOLO 5.5
La rosa è di qualità , tutt’altro che inferiore a quelle di Cagliari e Parma. Eppure la formazione di De Zerbi il salto di qualità ancora non l’ha fatto. Lottare per la salvezza con Defrel, Locatelli, Obiang, Boga, Caputo e Berardi è ingiusto per altri tecnici costretti a fare i conti con squadre di tutt’altro livello. Va bene il bel gioco ma ora il Sassuolo ha tutti gli elementi per scalare la classifica. Quota quaranta non può più bastare.
SAMPDORIA 5
Non possono bastare ai fini della sufficienza i 53 punti della scorsa stagione. L’identità costruita con Giampaolo è stata subito smarrita con l’addio del tecnico e chi l’ha sostituito (Di Francesco) non è mai riuscito a prendere in mano il controllo della squadra. Risultato: lotta per la salvezza inoltrata con il capocannoniere della scorsa stagione (Quagliarella) in crisi nell’anno in cui poteva candidarsi per un ruolo da outsider per gli Europei. A Ranieri il compito di invertire la rotta.
SPAL 5
Semplici mangia il panettone e la fiducia della società all’allenatore più importante della storia moderna della Spal è stata subito ripagata con la vittoria sul Torino nell’ultimo appuntamento del 2019. Servirà un’impresa per ottenere la salvezza e la prima parte di stagione della Spal è stata notevolmente sotto le aspettative. Troppo pochi i dodici punti. Replicare i 42 della scorsa stagione appare un obiettivo in salita.
MILAN 4.5Â
Nel 2018/19 ad un punto dalla qualificazione in Champions League che sarebbe stata comunque cancellata dalla Uefa per le violazioni delle regole del fair play finanziario. Una cavalcata finale che non è stata sufficiente a Gennaro Gattuso per difendere la panchina, poi affidata forse non con troppa convinzione a Marco Giampaolo prima del nuovo cambio con l’ex Inter Pioli. Ma il vero paradosso della prima parte di stagione è un altro: Piatek e Paquetà , fiori all’occhiello dello scorso mercato di gennaio e decisivi per il finale di stagione, sono le grandi delusioni di quella in corso. Sono i simboli di un salto di qualità finora ancora incompiuto. E visto l’ottimo mercato estivo sulla carta, non c’è più tempo da perdere. Soprattutto se a Bergamo poi si perde 5-0.
FIORENTINA 3
Quarantadue partite, dieci vittorie. Termina con un bilancio choc l’annus horribilis della Fiorentina quasi sempre più vicina alla zona retrocessione che ai piani alti della classifica. E poco importa che il club viola abbia vissuto il periodo di transizione dai Della Valle a Rocco Commisso. La qualità della rosa impone risultati migliori e a farne le spese alla fine è Vincenzo Montella con sole sei vittorie in ventisette partite. Troppo poco, anche per un anno di transizione.
GENOA 3
Se il Genoa riuscirà a salvarsi a fine stagione, dovrà probabilmente ringraziare qualcuno in alto, forse più in alto della guida tecnica e dei vertici societari. Sta di fatto che la formazione rossoblù tra punti conquistati nel girone di ritorno scorso e quelli di quest’anno (undici, ultimo posto in classifica) non arriva nemmeno a quota trenta. E nella scorsa stagione chiuse con la salvezza senza essere riuscita a raggiungere la fatidica vetta (è il caso di chiamarla così) dei quaranta punti. Serve l’uomo della svolta, un Piatek di turno, o più semplicemente un allenatore con esperienza.
LECCE E BRESCIA SV
Troppo poco tempo e nessun picco né in negativo e né in positivo per giudicare l’annata in massima serie del Lecce e del Brescia. Rimandati al 2020 con una lotta per la salvezza tutta in discussione.
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