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“C’è un fatto imprescindibile: se si vuole far cominciare il campionato bisogna avere le idee chiare. Se uscisse oggi un nuovo caso Covid-19 forse ci rientrerebbe nei 14 giorni, ma se la stessa cosa dovesse succedere all’inizio del campionato, fermo restando i 14 giorni di quarantena in isolamento fiduciario, io penso che a quel punto si andrebbe alla fase B e alla fase C: non si può continuare un campionato mettendo in quarantena per 14 giorni una squadra. Forse i 7 giorni potrebbero essere presi in considerazione qualora si dovesse notare che la curva di contagio potesse avere un calo e in maniera ottimistica si potrebbe ridurre. Con 14 giorni è impossibile il recupero, con 7 è difficile però diciamo che una boccata d’ossigeno si potrebbe avere”. Questo il pensiero di Enrico Castellacci, presidente della Libera Associazione Medici Italiani Calcio, sul via libera arrivato da parte del Governo per far riprendere il calcio in Italia. “Noi medici? Contiamo molto poco: è risaputo che non ha mai contato molto – ha aggiunto ai microfoni di ‘Zona Cesarini’ su Rai Radio 1 – L’unica figura non istituzionalizzata, l’unica figura che se ha un contratto di lavoro non ce l’ha depositato in Lega: è l’anello debole della catena. Non siamo contenti di tutto ciò: abbiamo espresso delle idee molto chiare, siamo riusciti ad inviarle alla federazione grazie all’appoggio dei media. Qualcosa è stato recepito indirettamente”.
Sull’importanza economica della decisione di oggi di Spadafora, Castellacci ammette: “La questione economica ha sempre contato, il calcio è un’azienda. Poi c’è stato un animo più disteso perché abbiamo visto rallentare la curva di contagio. Non siamo ancora fuori, lo sappiamo perfettamente, ma il fatto che abbiamo visto un po’ di luce ha spinto per poter accelerare un po’ la cosa. Ho visto la contentezza di Gravina ma per la Serie B ho tante perplessità”, ha concluso.
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