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Dal 26 maggio al 25 agosto. Per tre mesi, in assenza della Serie A giocata, ci siamo dovuti accontentare della Serie A “cartacea”: abbiamo assistito a rivoluzioni estive più o meno grandi in quasi tutti i club di prima fascia del nostro campionato. La direzione che ha preso il nostro calcio è ormai chiara: su diversi livelli, tutte le squadre vogliono provare ad acquisire un’identità forte sul campo, persino quella Juventus che ha sempre cercato il risultato e mai la forma.
Per cambiamenti del genere però ci vuole tempo e infatti la Juve, che ha avuto per l’ottava volta di fila l’onore di aprire le danze, ha finito di nuovo per accontentarsi del risultato. Sarri ha iniziato la propria rivoluzione schierando De Sciglio, Khedira e Matuidi titolari: ci fosse stato anche Mandzukic, sarebbe stata la formazione tipo di Allegri. “Perchè tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”: i campioni d’Italia hanno ribaltato il princìpio fondamentale del gattopardismo. Eppure nel primo tempo i bianconeri hanno mostrato delle linee di gioco più definite, accompagnando al tiro più volte un Cristiano Ronaldo non ancora al top. Poi però, quando la lucidità è venuta meno, la capacità di soffrire tipica degli ultimi anni è servita ed alla fine è bastato un solo gol – peraltro piuttosto casuale – per ottenere i tre punti. Settimana prossima il Napoli sarà un test più probante per una Signora che dà ancora l’impressione di essere un cantiere aperto: si tratta però di un cantiere che poggia su delle fondamenta solidissime, rappresentate dall’abitudine a vincere anche le gare più sofferte che tanto sta(va) a cuore al buon Max.
A proposito di Napoli, quella di Ancelotti si presentava come la troupe più collaudata ai nastri di partenza. Ma nel calcio non ci sono regole e quindi è servita una prestazione un po’ pazza ai partenopei per uscire vincitori da Firenze. Lo spettacolare 3-4 del Franchi ci ha detto del potenziale della Fiorentina e dei suoi ragazzi terribili (Chiesa e Sottil su tutti), ma ha anche permesso agli azzurri di mostrarsi a tratti ingiocabili. Certo bisognerà migliorare l’intesa con i neo-arrivati Di Lorenzo e Manolas nel reparto arretrato, e le cose andranno sicuramente meglio lì dietro con una condizione fisica migliore; però per quello che si è visto nel sabato di Serie A possiamo essere certi che a Torino gli azzurri se la giocheranno alla pari. Lo ha detto anche Carletto, no? “Il Napoli è da Scudetto”.
L’attesa circondava anche il Milan di Giampaolo e la Roma di Fonseca, che hanno dato risposte contrastanti. I rossoneri a Udine non hanno mai tirato nello specchio, a causa anche del blocco difensivo ben organizzato da Tudor – uno che di difesa se ne intende, e forse un allenatore un po’ sottovalutato. La sconfitta forse non è stata pienamente meritata, ma i segnali che mandano oggi i rossoneri per quello che riguarda gli ultimi trenta metri di campo sono preoccupanti: semplicemente il 4-3-1-2 ad oggi non è compatibile con le caratteristiche degli attaccanti a disposizione, come ammesso da Giampaolo stesso nel dopo-gara. La Roma invece ha pagato caro una serie di errori difensivi che una squadra di questo calibro non può permettersi, specie contro un Genoa che si preannuncia un po’ mina vagante della stagione. Meglio guardare al bicchiere mezzo pieno della fase offensiva o a quello mezzo vuoto della fase difensiva? In medio stat virtus: e allora facciamo i complimenti a Under, Dzeko e Kolarov per gli splendidi gol, però non si può negare che a quattro giorni dalla fine del mercato ai giallorossi manchi ancora un centrale. N’Koulou o Rugani potranno bastare a risolvere tutti i problemi del caso?
In mezzo a tutte queste incertezze potranno essere delle serie candidate per la lotta all’Europa tutte le squadre che hanno puntato sulla continuità dei propri progetti tecnici. Partendo dalla solita Atalanta, trascinata via dai guai sul campo della SPAL da un Muriel formato fuoriclasse. Il colombiano ha così iniziato al meglio una stagione che si preannuncia snodo fondamentale della sua carriera. Passando poi per una Lazio scintillante, guidata dai suoi talenti in una vittoria per 0-3 su uno dei campi più difficili del nostro campionato, quello di una Samp che è apparsa piuttosto imballata. E chiudendo con un Torino che ha trovato tre punti fondamentali prima di tutto sotto l’aspetto mentale, subito prima del ritorno di un preliminare di Europa League sulla carta compromesso: non avrà offerto una prestazione tanto più brillante di quella del Sassuolo, ma la squadra di Mazzarri per ora può almeno sorridere.
Il posticipo del lunedì ha visto infine un altro attesissimo debutto, quello dell’Inter di Conte. Il 4-0 rifilato al Lecce ha dato le migliori risposte possibili ai nerazzurri: entrambi i nuovi acquisti schierati subito come titolari – Sensi e Lukaku – hanno trovato una rete al debutto; Barella invece, da subentrato, ha comunque servito un assist a Candreva (rigenerato). Certo il Biscione qualcosina ha subito e la punizione per gli ospiti è stata fin troppo severa, ma in attesa di avversari di miglior qualità si possono confermare le sensazioni positive che hanno accompagnato tutto il pre-campionato interista. Occhio però a non esagerare: anche Spalletti debuttò con una grande vittoria, per 3-0 ai danni della Fiorentina.
La chiosa finale non può che essere in onore dello spirito di Sinisa Mihajlovic, che quaranta giorni dopo aver annunciato al mondo del calcio di essere malato di leucemia ha voluto seguire la propria squadra sul campo nella prima giornata di Serie A. Il suo Bologna non è riuscito ad andare oltre un deludente 1-1 contro un Hellas coriaceo, ma Miha ha comunque vinto nei cuori di tutti gli appassionati di sport: la dimostrazione vivente di come si possa andare oltre ogni ostacolo nella vita, quando si è armati di forza di volontà e passione.
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