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Per quanto si tratti di un traguardo fenomenale, parlare della Juventus “soltanto” come la squadra capace di vincere gli ultimi otto Scudetti consecutivi risulta in parte riduttivo. Quello dei bianconeri è un dominio che si esprime benissimo in campo, ma che comprende in maniera trasversale una serie di ulteriori aspetti su cui abbiamo l’occasione di soffermarci, nella giornata in cui la gara con la Fiorentina ha consegnato l’aritmetica certezza dell’ennesimo titolo ai bianconeri.
In primo luogo l’egemonia della Juve sul calcio italiano si esprime sul piano economico. Il monte ingaggi dei bianconeri, secondo le stime effettuate dalla Gazzetta dello Sport ad ottobre scorso, è pari a 219 milioni di euro lordi all’anno, 79 in più della seconda squadra più spendacciona (il Milan); il solo Cristiano Ronaldo percepisce uno stipendio netto più alto rispetto a quello che la maggioranza delle squadre di Serie A destinano all’intera rosa. Numeri che restituiscono una fotografia realistica del gap tecnico fra gli interpreti presenti nella rosa della Vecchia Signora e tutti gli altri, della differenza fra chi può regolarmente lasciare in panchina giocatori del calibro di Rugani, Bernardeschi, Douglas Costa e chi acquisti del genere non può nemmeno permetterseli.
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Ma il regno della Juve sembra essere destinato a durare a lungo anche perché, in questi anni, è sempre stato caratterizzato da una progettualità di clamorosa brillantezza nell’ipotecare alcuni cartellini che poi sono costantemente tornati utili, o direttamente nella rosa, o come fonte di plusvalenze per mettere a posto il bilancio nei momenti più complicati. L’intelligenza che ha contraddistinto l’operato di Madama negli ultimi anni sul mercato è davvero eccezionale: gli investimenti completamente sbagliati si contano sulle dita di una mano, mentre i giocatori pagati meno del loro effettivo valore sono stati parecchi.
Ad oggi, anche in prospettiva, nel calcio italiano si fa fatica ad identificare una potenziale rivale della Juventus. La mentalità “storica”, abbinata a questo contesto che abbiamo presentato, fa davvero pensare che solo in un campionato senza i bianconeri potrebbero emergere le altre big del calcio italiano, senza che prima ci siano anni di lavoro e investimenti. L’esempio del progetto del Napoli di Sarri, portato avanti in maniera pressochè perfetta sul piano gestionale ma fruttato zero trofei, è lampante: senza grosse spese, pensare di colmare il gap che separa la Torino calcistica dalle altre città è fantascienza. Basti guardare in maniera realistica alla prossima sessione di calciomercato, per cui Paratici ha già prenotato Aaron Ramsey e sostanzialmente rafforzato l’unico reparto in cui è ancora aperta la discussione sull’onda del classico “è il migliore d’Italia o no?”. E poi ci sono i giovani: alla Continassa i vari Rugani, Bentancur, Bernardeschi e Kean hanno iniziato percorsi che sembrano essere tutt’altro che esauriti, che li porteranno ad essere il futuro di quest’armata.
Si potrebbe andare avanti ancora a lungo su questa linea, analizzando anche ulteriori aspetti del dominio della Juventus, magari cercandone qualche punto debole. La portata dell’addio di Marotta potrà essere testata solo in estate, ma per il resto l’abbiamo detto: ad oggi la dirigenza guidata da Agnelli sembra essere un passo avanti in tutto. Vedremo se ci saranno sorprese nei prossimi anni; certo è che di recente in Serie A c’è stato poco spazio per sognare, e le premesse per cambiare direzione ad oggi semplicemente non ci sono.
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