
L’arrivo di Igor Tudor ha riportato entusiasmo in casa Juventus. Dopo l’esonero di Thiago Motta, arrivato a marzo, la squadra bianconera ha rialzato la testa con sette punti in tre partite e una ritrovata solidità.
È tornata a giocare “da Juve”: concreta, ordinata, determinata. L’obiettivo è chiaro: blindare il quarto posto e qualificarsi alla Champions League, unica vera priorità rimasta dopo l’uscita dalla competizione europea e l’eliminazione dalla Coppa Italia. Tudor, pur arrivato in corsa, ha dato subito un’identità precisa alla squadra, valorizzando giocatori chiave e riportando equilibrio tra i reparti. La Juventus è di nuovo compatta e determinata, anche se il destino del tecnico croato resta in sospeso: il suo incarico ha una scadenza naturale a fine stagione, e la società sta valutando il da farsi.
In parallelo, le difficoltà bianconere trovano un’eco sorprendente a Manchester, dove anche il City di Pep Guardiola sta vivendo una stagione inferiore alle attese. Fuori dalla Champions League, in difficoltà in Premier League, il club inglese sta affrontando la crisi più complessa da quando il tecnico catalano si è seduto in panchina. Una parabola simile a quella juventina, con una squadra costruita per vincere tutto, ma che sta deludendo proprio nei momenti chiave. Due progetti ambiziosi, due tecnici dal temperamento forte, due piazze abituate all’eccellenza: la Juve e il City sono oggi più simili di quanto sembrino.
Guardiola Juve, il sogno di Moggi
A gettare benzina sul fuoco, si fa per dire, è stato Luciano Moggi, intervenuto ai microfoni di Juventibus. L’ex direttore generale bianconero ha sorpreso tutti con una dichiarazione che ha subito infiammato il dibattito: “Era un sogno che non ha niente a che vedere con la Juve. Sai, i sogni ti trasportano da altre parti… avevo sognato Guardiola”. Una suggestione forte, anche se scollegata da un’ipotesi concreta. Ma è bastato poco perché l’eco arrivasse ai tifosi. D’altronde, da anni il nome di Guardiola è stato accostato alla Juventus come emblema di un salto di qualità, come simbolo di una rivoluzione possibile.

Moggi ha poi aggiunto parole più realistiche, quasi a riequilibrare la provocazione: “Adesso comunque vedo molto bene Tudor sulla panchina della Juventus. Tudor va sostenuto, è stato preso per andare in Champions League e per il passato che non si dimentica”. Il messaggio è chiaro: Tudor merita fiducia, ma non è vietato sognare. Il futuro della panchina juventina è ancora aperto, tra pragmatismo e ambizione. E se Guardiola oggi resta solo un desiderio, sopratutto dopo il recente rinnovo, la Juve ha il dovere in ogni caso di pensare in grande.