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Perché la Roma gioca così male a calcio? Dopo due anni e mezzo di Josè Mourinho nella capitale giallorossa è una domanda lecita che molti tifosi, appassionati e addetti ai lavori si fanno ormai da tempo. Con una squadra che magari non potrà competere per lo Scudetto, ma che è il terzo monte ingaggi dell’intera Serie A e che dispone di giocatori di assoluta qualità, il tecnico portoghese sembra trincerarsi nelle solite sterili polemiche arbitrali pur di non entrare nei dettagli tecnico-tattici.
La Roma vista a San Siro contro l’Inter ha perso in campo, ma ha perso soprattutto nell’idea di non giocare la partita. Un match pensato solo per difendersi. E “l’avevamo preparata così” di Bryan Cristante, giocatore che canta e che porta la croce in questa squadra, è piuttosto eloquente. Schemi di gioco ridotti all’osso, due tocchi dentro l’area di rigore della squadra avversaria (record negativo di tutta la Serie A) e pochissime idee con la palla tra i piedi.
IL MONZA DI PALLADINO COME LA ROMA DI MOURINHO: GLI STESSI PUNTI IN 42 GIORNATE
Vero, mancavano giocatori di qualità come Paulo Dybala e Lorenzo Pellegrini che sono capaci di accendere la luce. Ma è altrettanto vero che Dybala c’era anche nella disfatta di Genova. L’impressione è che quando la Roma incontri una squadra organizzata, con una proposta di gioco offensiva e ben studiata, vada in grandissima difficoltà. Lo si è visto anche contro il Monza di Raffaele Palladino, partita vinta per 1-0 dai giallorossi nel finale anche per via dell’inferiorità numerica degli ospiti per oltre un tempo di gioco. Cristante per parecchie partite ha dovuto giocare come difensore centrale indebolendo il centrocampo, ma contro l’Inter il suo unico compito tattico era quello di uscire su Bastoni nella prima fase di pressing per evitare di far giocare il difensore nerazzurro. In fase di costruzione Paredes è un uomo importante, un metronomo che può dare ordine e geometrie alla manovra giallorossa. Ma se la palla ce l’hanno quasi sempre gli avversari la partita diventa molto difficile anche per lui.
Josè Mourinho è uno dei tecnici più vincenti della storia del calcio. Nessuno lo mette in dubbio, sarebbe da pazzi farlo. Ma proprio per il suo curriculum la sensazione è che costruire una squadra che non deve vincere, ma che deve migliorare nel tempo, non è probabilmente nelle sue corde. O almeno la storia parla per questo. Cosa lascia una partita come Inter-Roma? Oltre alla resilienza difensiva dei giallorossi, nulla. Nulla su cui costruire qualcosa.
La Roma ha l’obbligo di lottare per le prime quattro posizioni, ha una rosa e un organico molto forte e non centrare la Champions League per il terzo anno di fila sarebbe quasi ingiustificabile. Discorso diverso per le Coppe e per i tornei ad eliminazione diretta dove Mourinho è quasi imbattibile. In novanta o centottanta minuti difendersi ad oltranza (vedi Bayer Leverkusen o se torniamo indietro nel tempo, anche al Camp Nou con l’Inter del Triplete) può portare al grande risultato. In campionato se non hai la squadra più forte bisogna giocare a calcio. A viso aperto. Poi magari contro l’Inter a San Siro la Roma avrebbe perso ugualmente perché l’Inter è più forte. Ma perdere in questo modo, senza giocare, lascia un retrogusto diverso. E Maresca, la Lega Serie A e tutte le polemiche post partita lasciano il tempo che trovano. Solo un modo per distogliere l’attenzione sul vero problema della Roma.
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