Questa è la storia di un angelo biondo volato in cielo troppo presto, una storia triste che a distanza di quarant’anni lascia ancora interdetti e fa tremare il cuore. E’ la storia di Luciano Re Cecconi, eroe dello scudetto biancoceleste del ’74, costretto ad abbandonare il campo di gioco e di vita per uno strano ‘scherzo’ del destino. “Il ricordo che conservo di Re Cecconi è la sua espressione dopo un gol segnato al Milan all’ultimo minuto. Ecco, in quell’espressione è racchiusa tutta la sua forza, la sua tenacia, la sua felicità, la sua gioia di vivere“, con questo fermo immagine lo storico capitano biancoceleste, Pino Wilson, ai microfoni di Sportface.it dà forma al sentito e commosso ricordo di Re Cecconi e ci dà la chiave per entrare in punta di piedi nel dramma che nel lontano 1977 colpì la Lazio e non solo.
“Noi l’abbiamo saputo subito, credo mezz’ora dopo l’accaduto – ricorda commosso – Ci è stato riferito dall’allora segretario della Lazio che era in zona. E’ incredibile, quando sono arrivato in ospedale al San Giacomo non riuscivo a vedere il forellino che aveva ferito a morte Re Cecconi. Sembrava quasi emblematico che un forellino così piccolo avesse potuto togliere la vita a Luciano. E’ stata una cosa straziante. La morte di un essere umano è sempre una tragedia, ma quando ti tocca da vicino la senti ancora di più. Credo che sia una delle notizie più brutte che si possano ricevere dopo la morte di un familiare. L’amicizia crea un rapporto molto stretto, quindi questi drammi ti colpiscono in maniera forte“.
E’ la sera del 18 gennaio del 1977 quando Re Cecconi insieme al compagno di squadra Pietro Ghedin si reca nella gioielleria del suo amico Bruno Tabocchini sita nel quartiere Flaminio. A Luciano piace scherzare e per una strana legge del contrappasso sarà proprio uno scherzo a porre fine per sempre alla sua goliardia. Re Cecconi all’interno del locale simula per gioco un tentativo di rapina. Sono gli anni del terrorismo e Tabocchini non ci pensa due volte a prendere la pistola e a sparare. Re Cecconi viene colpito al petto. Dopo meno di un’ora il biancoceleste morirà all’età di 28 anni in ospedale per uno ‘scherzo’ di cattivo gusto come non mai.
“Luciano era un giocatore alla vecchia maniera sia dal punto di vista fisico che tecnico. Giocatore di qualità e in molte occasioni decisivo in termini di realizzazioni di gol. Dava sempre tutto. Per intenderci, era uno di quei giocatori che tu vorresti avere sempre con te e mai contro di te“, così Pino Wilson descrive il Re Cecconi giocatore.
La banda di Maestrelli era composta da personalità carismatiche e particolari, undici combattenti sul terreno di gioco che fuori dal campo non le mandavano certo a dire. Una banda di folli geni. Un gruppo straordinario che nel 1974 compì un’impresa agli ordini de ‘Il Maestro’. “Un ragazzo molto forte sotto il profilo caratteriale, questo era Luciano. Eravamo una squadra fatta da profili molto forti che fino al venerdì era divisa in fazioni, ma in campo la domenica eravamo uniti, guai se qualcuno se la prendeva contro uno di noi: eravamo subito pronti a difenderlo. Un gruppo dai due volti: uno dal lunedì al venerdì, l’altro dal sabato alla domenica. C’erano profili caratteriali molto forti e Luciano era uno di questi. Una squadra che solo la pazienza e la saggezza di uno come Maestrelli hanno saputo portare avanti“, ammette Wilson.
Wilson e Re Cecconi nel 1974 hanno condiviso la gioia di quello scudetto tanto sognato e atteso dal popolo laziale. Tra i due, un rapporto che non è sbocciato subito ma che negli anni si è trasformato in un’amicizia solida tanto da prendere casa insieme: “All’inizio nemmeno troppo teso, però diciamo che facevamo parte di due fazioni diverse. Nel tempo poi ci siamo molto avvicinati tanto che avevamo preso anche casa insieme nello stesso comprensorio: eravamo andati insieme a vederlo, avevamo sottoscritto il contratto. Insomma, si erano delineati i rapporti in modo positivo. Purtroppo, però, è successo quello che è successo e Luciano non ha potuto metterci piede in quella casa“, racconta il capitano con una voce che sul finale viene rotta dall’emozione.
Alla guida di quel gruppo di amabili sbandati c’era un direttore d’orchestra eccezionale, probabilmente l’unico in grado di tenere a bada un gruppo così follemente fenomenale. Tra Maestrelli e Re Cecconi esisteva un legame speciale, proprio come ci ha svelato l’ex capitano laziale: “Un rapporto, se si può dire, ‘preferenziale’ perché venivano entrambi da Foggia. Il mister già lo conosceva e il fatto di averlo portato nella Lazio sta a dimostrare la stima e la fiducia che Massimo riponeva in Re Cecconi. Fiducia ripagata ampiamente negli anni, dal momento che Luciano è stato uno degli artefici del titolo del 1974“.