Quando Paulo Fonseca sbarcò nella Capitale, nel giugno 2019, la sua Roma aveva da poco liquidato Daniele De Rossi e incassato le dimissioni da dirigente di Francesco Totti. Deve dunque sembrare quantomeno inconsueto a questo portoghese giramondo (è nato in Mozambico, ha vinto in Ucraina e ha allenato in Francia) essere annunciato al Milan da una leggenda di casa come Zlatan Ibrahimovic. Un modo per calmare i malumori della piazza, che dopo l’addio di Stefano Pioli avrebbe preferito un nome più importante dell’ex giallorosso, reduce dall’avventura al Lille dove ha collezionato un quinto e un quarto posto. Ma anche una fotografia sincera del fatto che in casa Milan alla fine il profilo Fonseca ha convinto davvero tutti, con Ibra frontman di ‘campo’ di una dirigenza più politica che tecnica. Scommettere su un allenatore che nelle due stagioni italiane non è mai andato oltre il quinto posto (miglior risultato ottenuto nella prima stranissima stagione del lockdown) è però appunto una scommessa. Che il Milan vuole vincere, partendo da un mercato ad immagine e somiglianza del suo allenatore. Un centravanti di raccordo come Zirkzee farebbe al caso di Fonseca, che a Roma ha allenato un altro attaccante elegante del livello di Edin Dzeko (anche se tra i due il rapporto non fu rose e fiori per usare un eufemismo). La sua Roma raramente sbagliava una partita contro le squadre della seconda metà della classifica, ma allo stesso tempo faticava spesso e volentieri nei big match. Nella stagione 2020-21 i giallorossi collezionarono complessivamente (andata e ritorno) sette punti tra Inter, Milan, Juventus, Atalanta, Napoli e Lazio, riuscendo a battere solamente i biancocelesti di Simone Inzaghi, ora nuovamente avversario in un derby cittadino.
In ogni caso, pur essendo un promotore di un calcio propositivo e offensivo, Fonseca ha dimostrato di sapersi adattare, sapendo vincere anche delle partite in cui non poteva mantenere il possesso palla. Accadde nel doppio confronto contro l’Ajax, quando Fonseca eliminò la squadra di Ten Hag con un 2-1 all’andata (34% possesso palla) e l’1-1 al ritorno (28%). Ma anche più volte in campionato. Due esempi: nel dicembre 2019 vinse a Verona per 3-1 con il 42% del possesso palla, mentre a Bologna si impose 5-1 con il 45%. E del resto quando il suo Shakhtar Donetsk superò il Manchester City (che non perdeva da 29 partite) per 2-1 il possesso fu appena del 32% (e in quel caso indossò la celebre maschera di Zorro). Insomma, in una Roma che ha cambiato due moduli (dal 4-2-3-1 al 3-4-2-1), con innovazioni tattiche tutt’altro che scontate (in emergenza Mancini fu impiegato con successo da mediano), Paulo Fonseca non è certo un fanatico di una sola visione di calcio. C’è tanto nel suo bagaglio e in Francia ha sicuramente ampliato le sue conoscenze, oltre ad aver praticamente cambiato totalmente il suo staff (l’ex vice Nuno Campos ha preso strade diverse). A Milano ripartirà dal 4-2-3-1, il modulo che utilizzava anche allo Shakhtar, ma il margine per cambiare e adattarsi con lui in panchina ci sarà sempre. Non è poco in un calcio condizionato da un calendario congestionato, mille emergenze e avversari sempre più mutevoli.