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Per certi versi, il finale di Lecce-Lazio 2-1 ha ricordato quello di Cagliari, quando la formazione di Simone Inzaghi forse comprese per la prima volta che l’obiettivo di questa stagione avrebbe potuto essere qualcosa di più grande di una qualificazione in Champions League. Alla Sardegna Arena il maxi recupero fece posto all’assedio finale e ad una delle rimonte più clamorose del campionato. Quei nove minuti di recupero concessi al Via del Mare hanno invece mostrato il volto di una Lazio stanca, nervosa e poco incisiva. Lo dimostra Luis Alberto, impreciso nei passaggi nel finale. Ma anche lo stop mancato di Immobile prima di calciare a botta sicura a rete sugli sviluppi di una nitida occasione da rete in area. E soprattutto il morso disgustoso di Patric che lascia la Lazio in dieci ma che soprattutto la lascerà chissà per quante giornate in una situazione già di emergenza.
Eppure l’anticipo della trentunesima giornata di Serie A per la Lazio era partita in discesa. Prima il gol annullato a Mancosu (giusto), poi lo scivolone di Gabriel (che riesce comunque a strappare la sufficienza con una prestazione super tra i pali) che ha aperto la via della rete a Caicedo. E di occasioni per reagire la Lazio ne ha avute anche quando le cose sembravano andare male. Dopo il pareggio di Babacar, c’è stato il rigore sbagliato di Mancosu (il primo stagionale). Ma la scossa, quella proverbiale biancoceleste già mostrata nel corso dell’anno, quella proprio no. Piuttosto c’è stato il Lecce che a parte nel finale non ha mai voluto snaturarsi, anche dopo il 47′ quando Lucioni ha sfruttato l’unica indecisione di Acerbi (che salvataggio su Majer) per siglare il gol del definitivo 2-1. Da quel momento in poi, nervosismo e chance sprecate. Un’immagine lontana di una Lazio che torna a perdere contro una neopromossa dopo una striscia di quindici partite da imbattuta.
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