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Il calcio europeo ha il fiato sospeso in vista della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che si pronuncerà domani sulla conformità delle disposizioni di Uefa e Fifa al diritto della concorrenza. Ma a Lussemburgo quello relativo alla Superlega non sarà l’unico verdetto che inciderà sul calcio europeo. C’è un altro caso – nato dal ricorso di un calciatore dell’Anversa (seguito dal club che è poi intervenuto volontariamente nel procedimento) – che la Uefa segue con attenzione. In sintesi, si tratta di stabilire se l’inclusione obbligatoria di un determinato numero di giocatori del vivaio nella registrazione della lista presentata dal club costituisca una restrizione ingiustificata della libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 45 TFUE. Insomma, se la sentenza sulla Superlega è legata alle disposizioni in materia di concorrenza, qui ci si concentra persino sulle libertà fondamentali dell’Unione.
Il 2 febbraio 2005 il Comitato esecutivo UEFA impose alle squadre di calcio professionistico che partecipano alle competizioni tra club di iscrivere un numero massimo di 25 giocatori nella lista coi limiti delle dimensioni della rosa, tra i quali deve figurare un numero minimo di giocatori del vivaio. Questi giocatori sono definiti dall’UEFA come giocatori che, indipendentemente dalla cittadinanza, tra i 15 e i 21 anni per almeno tre anni sono stati formati dal loro club o da un altro club della medesima associazione nazionale. Il 21 aprile 2005 la regola è stata approvata dalle 52 associazioni aderenti all’UEFA e a partire dalla stagione 2008/2009 il regolamento dell’UEFA prevede che i club iscritti alle sue competizioni possano tesserare un massimo di 25 giocatori, di cui almeno 8 devono essere giocatori del vivaio. Di questi otto giocatori, almeno quattro devono essere stati formati dal club di cui trattasi. Quest’ultima disposizione però non è stata adottata dalla Federazione belga.
Peraltro in questo caso, a differenza di quello relativo alla Superlega, l’Avvocato generale (Maciej Spuznar) nelle sue conclusioni (non vincolanti) ha dato in parte ragione ai ricorrenti, suggerendo alla Corte che “L’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta all’applicazione delle norme sui giocatori del vivaio, come adottate dall’Unione delle federazioni calcistiche europee (UEFA) e dall’Union royale belge des sociétés de football association (URBSFA), in base alle quali, per partecipare alle relative competizioni, i club devono iscrivere in un elenco un numero minimo di otto giocatori del vivaio su un numero massimo di 25, laddove tali giocatori del vivaio possono provenire da un altro club della federazione calcistica nazionale interessata”. Secondo l’Avvocato generale quindi le regole Uefa sulla registrazione dei giocatori del vivaio sono parzialmente incompatibili con le norme UE, perché quegli atleti non dovrebbero comprendere giocatori provenienti da club diversi da quello di cui trattasi. In sintesi: è giustificato l’obbligo di inserire nel relativo elenco un numero predefinito di ragazzi delle giovanili del club, a patto che la definizione di “calciatore del vivaio” non includa anche quei giocatori cresciuti al di fuori di un determinato club, ma all’interno del relativo campionato nazionale.
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