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“All’inizio è molto difficile metabolizzare gli episodi di razzismo. Pensi di sbagliare tu a urlare che qualcuno ti ha ferito. Ma il bello è che la città ti fa capire che non sei tu quello sbagliato. Penso che possiamo ancora fare tanto per combattere questo problema, ma penso che rispetto agli anni passati abbiamo fatto dei passi avanti“. Così Kalidou Koulibaly ha parlato del razzismo nella lunga intervista di Dazn che andrà in onda nella serata di giovedì 18 novembre nella seconda puntata della serie “Linea Diletta”. “A Giorgio Chiellini voglio molto bene. Sul campo non posso essere suo amico, ma fuori è una persona straordinaria. Mi ha sempre difeso su tutti i fronti” ha sottolineato Koulibaly.
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RAZZISMO – “Mi ha pure dato dei consigli da calciatore e da uomo. Mi ha detto che era molto dispiaciuto e si è scusato a nome di tutta l’Italia, è una lotta che dobbiamo fare tutti insieme. Lui mi è sempre stato vicino e mi ha aiutato ad andare avanti, è un buon segno per il futuro” ha aggiunto il calciatore del Napoli su Chiellini, parlando poi anche di Irrati: “Anche l’arbitro Irrati è una persona che stimo molto. Quello che ha fatto durante la partita Lazio-Napoli del 2016 è stato un gesto molto forte. Mi ha dato un’altra visione degli arbitri dicendomi ‘se c’è un problema fermiamo la partita’”.
“Io ero sorpreso ma lo devo ringraziare – ha continuato Koulibaly su Irrati – , mi ha dato la forza di iniziare a lottare con tutte le mie forze questa discriminazione. Se sono diventato l’uomo che sono oggi è anche grazie a lui. Quando ho visto il San Paolo pieno di tifosi con la maschera della mia faccia sono rimasto sorpreso. Non me l’aspettavo proprio, era bellissimo. Questa città e questi tifosi mi hanno sempre dato tutto, io voglio dare loro indietro qualcosa“.
ORIGINI – Oltre al tema del razzismo, Koulibaly si è raccontato a tutto tondo. “I miei amici stretti, quelli con cui sono cresciuto, vengono sempre a vedermi. Mi sono sempre detto che tutte le persone mi devono conoscere come mi conoscono i miei amici. Per me la cosa più importante è rimanere umile. E quindi tutti devono vedermi come Kalidou Koulibaly, il piccolo che andava a scuola e giocava con i suoi amici, non come il calciatore famoso che sono diventato” ha spiegato il calciatore. “Sono nato in Francia da genitori senegalesi. Mio padre faceva il falegname, mia madre era cameriera. […] I miei amici francesi venivano a casa per assaggiare il cibo senegalese che preparava mia mamma. In casa parlavo senegalese e quindi già da bambino parlavo due lingue, vorrei trasmettere questa cosa anche ai miei figli perché a me ha fatto crescere più velocemente”.
RICORDI SPECIALI – “Il ricordo più speciale della mia infanzia è legato a Francia-Senegal del Mondiale 2002 – ha raccontato Koulibaly -. Guardai la partita a scuola con i miei compagni, cantavamo sia per la Francia che per il Senegal. Mi ricordo bene il gol di Papa Bouba Diop. Il nostro maestro, che era anche il mio allenatore di calcio, ci ha fatto una sorpresa: prima ci ha detto di aprire i libri, poi quando è iniziata la partita ci ha detto di girarci verso la tv e guardarla. Ricordo che dopo la partita abbiamo visto persone di tutte le origini – turchi, arabi e gli stessi francesi – ballare tutti insieme di gioia, non dimenticherò mai quel momento“.
NAZIONALE – Koulibaly ha poi spiegato i motivi per cui ha scelto di vestire la maglia della Nazionale africana piuttosto che quella della Francia. “La scelta di giocare per il Senegal l’ho ponderata per un anno intero, ma alla fine è stata una scelta naturale. Quando sono in nazionale mi sento davvero in famiglia. Non mi sono mai pentito di non aver scelto la Francia, sono molto felice per la loro vittoria al Mondiale 2018, spero un giorno di poter alzare la coppa con il Senegal” ha detto il calciatore.
NAPOLI – “È la gente a rendere magica Napoli – ha spiegato ancora Koulibaly -. E poi ci sono posti bellissimi, quando mi alzo ho la fortuna di vedere tutto il lungomare, il Vesuvio, Capri… E poi quando sei in campo capisci quanto sia grande l’affetto della città per questa squadra. Qui sognano, dormono e mangiano Napoli. Mi hanno sempre detto che a Napoli piangi due volte: quando arrivi e quando parti”.
“Sono consapevole che se giochiamo per il Napoli giochiamo per una città intera e Napoli è una grande città. E poi abbiamo milioni di tifosi nel mondo, quando scendiamo in campo dobbiamo essere al 300% – ha aggiunto Koulibaly – . Siamo un bel gruppo, ci conosciamo tutti da anni e usciamo spesso a cena con le nostre famiglie. Siamo tutti amici. Quando sento parlare altri giocatori delle loro squadre capisco che con il Napoli non c’è davvero paragone. Nessuno vive come noi e penso che si veda pure sul campo“.
SPALLETTI – Koulibaly ha parlato anche del tecnico dei partenopei: “Spalletti ci ha dato tanto soprattutto dal punto di vista della mentalità. Lui ha sempre stimato il Napoli e il suo gioco. La prima cosa che ci ha detto è che voleva cercare il problema di questa squadra, perché non è normale che non abbiamo ancora vinto. Questo ci ha fatto scattare qualcosa in testa: se uno come lui dice una cosa così vuol dire che abbiamo davvero delle qualità. La cosa più bella è che ha avuto l’umiltà di dire che il lavoro di Gattuso è stato buonissimo. Non è qui per cambiare ciò che ha fatto Gattuso, ma per dare qualcosa in più. Mi chiama ‘il Comandante’ perché dice che sono un leader. Io faccio semplicemente ciò che ritengo giusto, se devo aiutare la squadra dopo 8 anni che sono qua devo farlo. […] I miei compagni dicono che tutti gli allenatori sono mio papà perché mi fanno giocare sempre, per questo chiamo così anche Spalletti“.
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