Ivan Gazidis, Ceo del Milan, prevede un futuro roseo per la Serie A. Uno dei passi decisivi per globalizzare il massimo campionato italiano è stato l’ok all’offerta del fondo Cvc-Advent-Fsi per il 10% della Media Company. Quando gli viene chiesto a cosa sia dovuto l’appeal a livello internazionale della Premier League e quali siano le differenze con la Serie A, Gazidis risponde: “Molto del successo della Premier si è basato sulla sua visione a livello globale, sulla sua internazionalizzazione, sia in termini di idee calcistiche che, più recentemente, in termini di proprietà straniere e management internazionale. Questo mix di idee, questa diversità, è stata una delle cose che ne ha decretato il successo”. Una delle differenze principali sta nel tradizionalismo italiano, sotto certi punti di vista molto simile a quello della Bundesliga, che vede la maggior parte delle società possedute da soggetti e fondi italiani. In Premier League, invece, 16 squadre su 20 sono di proprietà straniere. I passi da fare sono tanti e, soprattutto, nella giusta direzione: “Ma il calcio italiano sul campo è internazionale come lo sono i nostri brand, per cui gli elementi ci sono. Guardate all’interesse dei fondi di private equity, non sono stupidi, vogliono far parte della modernizzazione del calcio italiano, sanno che c’è un enorme potenziale non sfruttato. Se facciamo i passi giusti, il calcio italiano può tornare al vertice mondiale”.
In questo momento, probabilmente, la Premier ha già raggiunto il suo picco di interesse, mentre la serie A è terreno fertile: “Penso che la serie A abbia il potenziale più grande in termini di crescita fra i 5 grandi campionati europei e il Milan ha invece il potenziale più grande fra i singoli club”. Quello che serve è l’unità di intenti al di fuori del terreno di gioco, come stanno facendo le due società di Milano, per riportare il massimo campionato ai vertici mondiali: “In Italia non vediamo questo forte senso di unità, nel senso di essere avversari in campo ma partner in affari. E’ più una competizione dentro e fuori dal campo ma questo sta cambiando per due motivi. Il primo è che stanno cambiando i proprietari, sempre di più non pensano a se stessi come gli unici benefattori di un club ma guardano più il quadro d’insieme. L’altro fattore è che i ricavi aumentano, quindi aumentano anche i prezzi dei cartellini, gli ingaggi, i costi e diventa meno fattibile ignorare che i club hanno interessi comuni, per cui c’è bisogno di essere tutti sulla stessa linea d’onda. E in futuro sarà sempre più così in serie A, sul modello della Premier League”.
Il pubblico di riferimento va rivisto, vanno comprese le esigenze dei giovani e del nuovo tifo che si è venuto a creare negli ultimi anni, anticipando le loro richieste: “Poi bisogna tenere in conto che il calcio è molto conservatore ma il modo in cui la gente, soprattutto i giovani, consumano questo prodotto è radicalmente cambiato. Dobbiamo pensare a cosa vorranno fra 5, 10, 15 anni, io penso che vorranno ancora questo contenuto ma vi si rapporteranno in modo diverso il che da un lato rappresenta una grande minaccia ma dall’altro una enorme opportunità. Il calcio è un ambiente culturalmente chiuso, chiunque abbia idee nuove viene visto come una minaccia e la comunità calcistica si compatta diventando una barriera impenetrabile di autodifesa. Le nuove idee vengono viste con sospetto e si finisce col tornare a cliché collaudati. Ma se la gente riesce a vedere una visione chiara, se i tifosi si divertono, le cose possono cambiare in fretta. E penso che il calcio italiano nel suo insieme sia un ambiente ormai maturo per questo cambiamento e farà un enorme passo avanti, rapidamente”.
Per quanto riguarda la gestione Milan l’obiettivo è quello di ricostruire una società capace di emulare i fasti del passato, ma con modalità nuove: “Quello che stiamo facendo al Milan è molto chiaro e molto difficile. Dobbiamo abbassare il monte ingaggi e al contempo aumentare il livello delle prestazioni e non è semplice da fare”. Sulla creazione di una Superlega Europea, invece, glissa: “Al momento il calcio deve affrontare problemi più profondi.”