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I 65.000 di Milan-Craiova non ci sono più. I primi giorni di agosto, dopo oltre due mesi di “cose formali”, sono ormai un ricordo lontano. Classifica, gioco e tifosi. A Milano, sponda rossonera, di questi tempi piangono un po’ tutti. Fatta eccezione per la prima gara di campionato, dove i rossoneri hanno chiuso in mezz’ora la pratica Crotone in virtù di un rigore a favore e di una espulsione per la squadra di casa, il Milan ha presto palesato evidenti difficoltà sul piano del gioco e della tenuta mentale. I prodromi migliori per la caccia al colpevole. Allenatore, giocatori o società: chi buttiamo giù dalla torre? La risposta è tutt’altro che agevole, soprattutto alla luce che del fatto che spesso, in situazioni del genere, un vero colpevole non c’è. Così, su due piedi, all’allenatore si potrebbero imputare il discorso “modulo” e quello “motivazioni”. Si, perché sembra davvero ai limiti dell’impossibile che giocatori di caratura internazionale come capitan Bonucci (sulla questione fascia è meglio sorvolare) o Biglia siano diventati lo spettro di ciò hanno rappresentato negli ultimi anni della loro carriera. Il modulo, già. A riguardo, nell’ultimo periodo, si sono spesi anche i più insigni esponenti di fisica quantistica ma niente da fare. Nessuno è ancora in grado di capire, anche solo di intuire, come scenderanno in campo gli 11 a disposizione dell’aeroplanino di Pomigliano d’Arco. Il dramma però, sportivamente parlando, è che il primo ad essere in confusione sia proprio il mister rossonero. Difesa a 3? A 4? Calhanoglu si o no? Suso esterno o dietro le punte? Questi sono solo alcuni dei grandi dilemmi che ancora, a distanza di oltre tre mesi dal pomposo raduno, non hanno trovato una risposta. In 11 gare di campionato i rossoneri hanno totalizzato 16 punti, perdendo cinque partite, quattro delle quali (Lazio, Roma, Inter e Juventus) con avversarie dirette e senza offrire spunti di gioco particolarmente interessanti. L’allarme è suonato da un pezzo.
Chi va in campo, comunque, sono sempre i giocatori. Bonucci, arrivato per mettere insieme i pezzi di una screpolata difesa rossonera, non è ancora il deus ex machina che i tifosi si aspettavano. Kalinic e Andrè Silva, forse non adeguatamente supportati, non riescono ad essere glaciali sotto porta come dovrebbero. I muscoli di Kessiè e le geometrie di Biglia sono tutto fuorché un perfetto ingranaggio. Niente va come dovrebbe andare.
In tutto questo Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli, sbarcati sul Pianeta Milan come salvatori della patria, iniziano a dare primi impercettibili segni di cedimento. C’è già chi inizia a tirare le somme sul reale valore dei giocatori, su una squadra allestita con un po’ troppa fretta, su proclami e aspettative più ottimisti che realisti.
Lo scialbo pareggio di Atene ha fatto perdere per la prima volta le staffe all’allenatore rossonero. La risposta piccata ad un tifoso, “Se ti sei annoiato non venire più a vederci”, la dice lunga sull’aria che si respira in questo momento in casa Milan. Al di là di moduli, ipotetiche frizioni interne e cose un po’ meno formali di qualche mese fa l’ambiente ha chiaramente bisogno di una scossa. Ora come ora, però, anche Thomas Edison farebbe fatica ad accendere la lampadina. Non resta che attendere, anche criticando se serve, sempre che lo si faccia nel senso proprio della parola, ossia esaminare, dare un giudizio.
Domani si torna in campo e Vincenzo Montella si prepara a sostenere l’ennesimo esame di questa travagliata stagione. In casa del Sassuolo, un fredda notte di gennaio di qualche anno fa, venne esonerato Massimiliano Allegri. Corsi e ricorsi storici. Quelli inquietanti.
Reggio Emilia, ancora una volta, val bene una (scom)messa.