Questo Milan non si ferma più. Il rigore (sono già tre in questo avvio di stagione, tutti segnati) di Giroud, poi la prodezza di Leao, Tomori che complica le cose, anche in ottica derby, ma una Roma che non sfonda se non nel recupero, quando è troppo tardi per dare un seguito alla rete di Spinazzola che dimezza il punteggio complice una deviazione: la squadra di Pioli resta in vetta al campionato, continua a divertire e a divertirsi, mostra come dei nuovi giocatori possano inserirsi al meglio e combinarsi con i big rimasti. Dopo la stagione interlocutoria vissuta negli scorsi dodici mesi, questa sembra la squadra che ha vinto lo scudetto, forse anche meglio: davanti ci sono due attacchi competitivi, il centrocampo fisico e tecnico rende alla grande, e dietro i terzini con compiti di impostazione funzionano, e così il bilancio per i rossoneri prima della sosta è eccezionale. Dopo, c’è il derby con l’Inter, snodo fondamentale in cui come detto mancherà Tomori, espulso in modo assai ingenuo oggi, ma la propulsione offensiva di questa squadra deve spaventare anche i nerazzurri, che domenica proveranno a raggiungere in vetta i cugini.
L’altra faccia della medaglia è una Roma sempre un po’ spenta, spuntata, triste. Con poco, pochissimo gioco, tanta voglia e i soliti episodi che vanno a incidere. Rui Patricio (parata incredibile a fine primo tempo) procura un rigore, anzi un rigorino molto da moviola più che da chiaro ed evidente errore, poi la partita sfugge pian piano dalle mani, il gol di Leao sembra condannare del tutto i giallorossi alla seconda sconfitta di fila dopo il pareggio dell’esordio, quindi la superiorità numerica che riapre un po’ i giochi, ma il gol che dimezza tutto arriva soltanto nel recupero, con Spinazzola e la deviazione di Kalulu. Nel frattempo, l’unica nota lieta di serata, l’ingresso di Romelu Lukaku che si dà subito da fare, calcia verso la porta, viene ammonito per troppa generosità. Alla fine però resta disorganizzazione e nervosismo: frutta un punto in tre partite ed è il peggior avvio dal 1995. E Mourinho non parla nel post partita: c’è poco da stare allegri.