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Massimiliano Allegri si racconta a tutto tondo in un’intervista concessa per il numero di ottobre di GQ allo scrittore Sandro Veronesi. L’allenatore della Juventus affronta diversi temi, dal suo futuro all’idea di allenare la Nazionale passando per la rosa bianconera e il suo modo di allenare.
Il primo passaggio è subito legato al futuro: “Tra cinque o sei anni smetto di fare l’allenatore – dice Allegri – e succederà quando non mi divertirò più ad insegnare e a vedere i giocatori che migliorano. Per me è questa la più grande soddisfazione, mi piace lanciare ragazzi giovani che diventano grandi. Quando non sentirò più queste sensazioni, non avrà più senso allenare.”
Il tecnico livornese però non nasconde di avere un debole per la Nazionale: “E’ un’altra cosa, un motivo di grande orgoglio. E la Nazionale dei calciatori nati tra il 1992 e il 2000 avrà due generazioni di calciatori molto forti, sarà una squadra molto forte nei prossimi anni.”
Allegri svela anche qualche curiosità sul suo modo di preparare le partite. “Ogni lunedì mi arrivano dei pacchi di roba con tutti i numeri e le statistiche immaginabili, ma io guardo soltanto due cose: i falli fatti e subiti e i contrasti aerei vinti e persi. Perchè se fai fallo vuol dire che sei vicino alla palla. E infatti anche nella finale di Cardiff, appena è finita l’aggressività ci hanno gonfiati come zampogne nel secondo tempo.” E le analisi in video tanto care ad alcuni colleghi? “Io non sto ventisei ore a preparare una partita, sono un allenatore naturale e non costruito. Guardo quello che devo guardare e in un quarto d’ora capisco quello che posso capire. Se restassi tutto il giorno a guardare video, alla fine non capirei nulla…“
Infine Allegri parla anche della “sua” Juventus e di come venga percepita all’esterno. “Sono contentissimo della rosa, è stata migliorata e non era facile. I tifosi devono liberarsi della negatività , senza pensare alle sconfitte passate perchè le finali si vincono e si perdono, è sempre stato così. Talvolta serve un po’ di sana follia, lo dico anche ai giocatori. Perchè di fenomeni nel calcio ce ne sono solo uno o due, come in ogni periodo storico: la differenza rispetto al passato è che oggi tante squadre spendono molti soldi per giocatori forti. Ecco il motivo per cui vincere la Champions oggi non è la stessa cosa che vincerla venti o trent’anni fa.“