Il presidente dell’Inter Giuseppe Marotta si è concesso ai microfoni di Sky Sport, rilasciando una lunga intervista al direttore Federico Ferri. La conversazione è andata in onda il giorno di Natale sui canali di Sky, ma è disponibile anche sulle piattaforme streaming di Sky Go e di NOW. Marotta ha parlato del bilancio del 2024, toccando diversi temi. Nel corso dell’intervista, il numero uno dell’Inter ha parlato del futuro del club, in campo e fuori, descrivendo il percorso che Simone Inzaghi sta portando avanti con i nerazzurri.
Marotta definisce il 2024 “l’anno dell’Inter”
l’Inter di Giuseppe Marotta ha raggiunto risultati positivi nel corso dell’anno solare che sta giungendo al termine. Il club di Milano ha cucito sulla propria maglia la seconda stella, collezionando ottimi numeri. “Direi che è l’anno dell’Inter nel quale c’è l’operatività di Giuseppe Marotta, anche, quindi chiaramente si coniugano queste due situazioni: il fatto di aver ricevuto molto dall’Inter e aver dato la mia esperienza all’interno di certi obiettivi“. Marotta aggiunge: “Devo dire che la squadra è ritornata a essere una delle protagoniste più autorevoli, nel senso che la storia e il palmares di questa società calcistica ci dicono che i trofei vinti sono tanti, che le Champions League vinte sono tante, gli Scudetti vinti sono appunto 20 e quindi siamo tornati in quel palcoscenico più consono alla storia e in questo momento poi con la nuova proprietà stiamo dando continuità a questa situazione”.
L’Inter è in corsa per lo Scudetto anche nella stagione corrente e Marotta parla di altri possibili contendenti al titolo: “Io credo che la griglia sia sempre la stessa perché oggi siamo in una situazione di fine girone d’andata, o quasi, e le favorite sono sempre le stesse. C’è un gruppettino di testa che è composto da Atalanta, Inter e Napoli, ma Milan e Juventus sono pronte a riagganciarsi, quindi siamo veramente in una fase interlocutoria. Credo invece che una delle grandi favorite quest’anno sia l’Atalanta perché ha raggiunto quella maturità, quella credibilità, quella convinzione che non aveva mai avuto. Penso che sia un grande modello da seguire, non certo nei grandi club perché è difficile, però ha dato dimostrazione di poter vincere senza spendere tanti soldi. Mi riferisco per esempio all’Europa League”.
Marotta riguardo l’esperienza da presidente dell’Inter
Marotta è stato nominato presidente dell’Inter il 4 giugno del 2024. La nomina è arrivata dopo l’ingresso di Oaktree, società d’investimento statunitense che risulta essere l’azionista di maggioranza della società. “Devo ringraziare questa proprietà perché mi ha dato fiducia da subito e quindi mi ha dato questa maggiore responsabilità nominandomi presidente di una società come l’Inter, che è qualcosa di straordinario. E lo è per me, per la mia carriera. Quindi da una parte c’è lo stimolo a fare sempre meglio, dall’altro il riconoscimento da parte della proprietà per la fiducia, sempre nell’ottica di far sì che il cammino dell’Inter sia un cammino vincente, sia un cammino pieno di risultati e quindi direi di fatto non è cambiato molto se non la passione, l’impegno e la dedizione che avevo prima e che oggi è ancora di più“.
Il presidente dei Campioni d’Italia parla del passaggio di proprietà e dell’adattamento necessario a questo cambiamento: “Io credo che adeguarsi alle situazioni sia una delle peculiarità di un manager. Io nel mio cammino, che sono ormai più di 45 anni, ho vissuto con l’esperienza di tanti presidenti e quindi di tanti modelli di gestione di club, chiaramente nell’evoluzione storica di questo fenomeno sociale, di questo fenomeno sportivo che è il calcio e quindi mi sono adattato. Sicuramente ho tratto tantissimo dai miei presidenti, tutti mi hanno dato qualcosa che mi ha arricchito dal punto di vista professionale e questo arricchimento oggi lo manifesto ancora di più, proprio in questo ruolo apicale che mi trova, ripeto, in una situazione straordinaria per quanto riguarda il modo di essere e di concepire il mio lavoro“, spiega Marotta.
“Il mio metodo è quello di aver ascoltato tutti quelli che erano più vecchi di me e che mi davano un contributo di crescita, che sono stati tutti i dirigenti del mondo del calcio che ho frequentato. Dopodiché ora, nella parte seconda della mia vita, che è questa, cerco di dare quello che ho ricevuto. Gli insegnamenti che ho ricevuto cerco di trasmetterli a quelli che sono più giovani di me”. Spiega Marotta, che afferma di divertirsi ancora molto: “Molto, mi diverto moltissimo, se non provassi questo divertimento non farei questo lavoro perché bene o male negli anni ho dato tanto e la passione è quello che stimola, l’adrenalina che ti dà una partita, credo che nella vita normale non te la dà niente, nessuno”.
Il rapporto con Simone Inzaghi
Nominato presidente, Giuseppe Marotta non ha dovuto scegliere un allenatore, con Simone Inzaghi che ha proseguito il proprio percorso al comando della squadra: “Simone Inzaghi ha dimostrato di essere un grande professionista e una persona molto intelligente”, afferma il presidente. “È arrivato in punta di piedi nell’Inter, non ha fatto proclami, si è adeguato a un ruolo molto importante ed è cresciuto man mano che otteneva risultati, soprattutto in un aspetto che era la consapevolezza delle proprie capacità che poi ha messo ed è riuscito a trasmettere anche ai giocatori”.
“Quindi uno degli aspetti fondamentali suoi è il riconoscimento di essere un leader del gruppo di questa squadra e di inculcare quelli che sono i concetti vincenti: la cultura del lavoro principalmente, il senso di appartenenza, la grande passione verso questo lavoro. – dichiara – Tutte queste componenti che poi sono state supportate dal lavoro del management societario quindi da Ausilio, da Baccin, da Zanetti, da tutta la Società, ha fatto sì che si creasse una simbiosi che ci ha portati, direi, abbastanza lontani”.
“E’ cambiato molto il mio ruolo in base a quello che era il titolo che mi era stato attribuito – direttore generale, amministratore delegato, presidente – e quindi la prima cosa è il rispetto dei ruoli, nell’Inter c’è l’allenatore, dall’altra parte c’è un direttore sportivo, c’è un vicedirettore sportivo, per cui in primis devo rispettare questi ruoli e quindi il ruolo di direttore sportivo, in questo caso di Ausilio, è quello di confrontarsi maggiormente con l’allenatore”.
“Però, siccome poi il nostro è un gioco di squadra, un team lavora proprio se c’è affiatamento tra le varie componenti, il confronto tra di noi è quotidiano”. Spiega Marotta, illustrando il rapporto che ha con i vertici del club.”Quindi quasi tutti i giorni ci troviamo per parlare, magari seduti a tavola a pranzo. Parliamo delle varie dinamiche, ripeto, nel rispetto dei ruoli, ma sempre portando ognuno di noi la sua esperienza e la sua competenza”.
Marotta sulla rosa dell’Inter
Marotta parla del bilanciamento della rosa, spiegando come l’Inter si basi su un equilibrio di gruppo: “Se hai undici talenti non vinci assolutamente nessuna competizione. L’importanza di uno sport di squadra è mettere insieme, mixare insieme e creare una simbiosi tra giovani e meno giovani. Noi abbiamo creato un equilibrio da questo punto di vista tra giocatori giovani e giocatori di esperienza, il più vecchio sapete è Acerbi che ha 36 anni perché quando poi hai l’esperienza, quest’esperienza non la si mette in pratica o la si fa vedere solo nel terreno di gioco ma in quel lavoro oscuro che è lo spogliatoio. Quindi io ritengo che noi abbiamo messo insieme una squadra che ha queste componenti, cioè la dinamicità del giovane, l’entusiasmo del giovane e l’esperienza e la saggezza del meno giovane”, dichiara.
Il numero uno del club rimane pienamente convinto della scelta di ingaggiare numerosi talenti italiani e che si conoscono bene tra di loro: “Credo che anche i risultati conseguiti lo dimostrino. In Italia il campionato è qualcosa di unico, di particolare, la pressione che c’è in Italia non c’è in nessun altro paese europeo, e quindi è importante che chi viene in Italia, che sia in Italia e che gioca a calcio deve conoscere il suo habitat. E allora gli italiani conoscono il proprio habitat, sanno cosa vuol dire andare a Lecce, a Cagliari, ad Empoli e trovare delle difficoltà e cercare di superarle. Ecco, quindi lo zoccolo duro di italiani ha questo vantaggio e poi permettetemi di dirlo è anche orgoglio della nostra nazione mettere a disposizione della nostra Nazionale dei giocatori”.
L’arrivo di Oaktree
“Devo dire che Oaktree è arrivata in punta di piedi e in modo molto silenzioso ma molto concreto e partecipe della vita del club”. Sono queste le parole di Marotta riguardo l’arrivo del fondo statunitense. “Dunque il confronto, oggi, è quotidiano con loro ed è positivo, tutto volto a garantire continuità al club nella ricerca della sostenibilità che è finanziare la parte economica, e questa sostenibilità come hai sottolineato avviene attraverso delle linee guida che ci hanno indicato, che abbiamo concordato insieme e che dobbiamo mettere in pratica”.
“Queste linee guida sono quelle di comporre una rosa che possa rispondere a dei limiti economici dal punto di vista del costo del lavoro, a un’età media che possa garantire anche il fatto di comprare, quindi acquisire, investire su giovani che rappresentano un patrimonio. Oggi avere un patrimonio all’interno dell’azienda è un elemento che contribuisce a dare sostenibilità“, spiega. “Questo è quello che noi stiamo facendo e che maggiormente faremo nella stagione futura, quello di garantire la massima competitività attraverso giocatori, magari meno vecchi rispetto a quelli che abbiamo oggi, ma che rappresentino anche qualità, professionalità e allo stesso momento anche patrimonio“.
Marotta sull’inchiesta ultras
Nel corso delle ultime settimane, le curve di Inter e Milan si sono viste coinvolte nell'”inchiesta ultras”, ancora in corso. Il procuratore Viola di Milano ha definito le società ‘parti lese’ e ha chiesto collaborazione. “Chiaramente l’inchiesta è in corso e io non posso che innanzitutto esprimere gratitudine e ringraziamento alla magistratura, alle forze dell’ordine per l’opera che stanno facendo. Noi ci siamo messi a disposizione e stiamo collaborando al fine di debellare questo fenomeno che è straordinario in negativo e ha a che fare con il mondo dello sport e che forse è una delle prime volte che si verifica, che sono attività criminali che non c’entrano niente con i valori dello sport. Io ho vissuto i decenni precedenti in cui c’era magari una violenza, una violenza fisica consumata all’interno o all’esterno dello stadio ma era nell’ottica di quello che era un fenomeno di calcio”.
Marotta prosegue: “C’è un sociologo, Desmond Morris, che ha scritto un libro negli anni ‘90, “Le tribù del calcio”, in cui parla di questa metafora del calcio e dell’arena, cioè il combattimento che c’è tra le varie componenti. La violenza era proprio nata quando c’era una contrapposizione violenta/fisica tra le due realtà. Oggi siamo davanti a una situazione che non c’entra niente con questo e quindi siamo davanti a una situazione difficile per le Società da debellare e per questo ringrazio ancora e maggiormente la magistratura e le forze dell’ordine con le quali noi stiamo collaborando al fine di garantire trasparenza”.
“Devo dire che chiaramente è difficile anche contrastare un certo tipo di tensione, di esasperazione, di violenza quando questa è consumata non da 4 persone ma da 400 persone, quindi molto difficile”, dichiara Marotta, che analizza attentamente il caso inchiesta. “Io credo che sia un fatto culturale, ecco, bisogna lavorare fin da quando si è alle elementari e far capire che il gioco del calcio è un gioco che appassiona, che coinvolge, è un fenomeno di forte aggregazione ma si deve limitare a quello. Cioè oggi manca la cultura della sconfitta, spesso gli atti violenti si consumano quando ci sono delle situazioni di sconfitte, ma anche a livello periferico perché poi la violenza non si consuma solo nei grandi stadi, si consuma anche nei piccoli campi di provincia”.
“In questo periodo per esempio le vittime sono gli arbitri, anche i giovani arbitri che arbitrano in categorie inferiori“, aggiunge il presidente. “Ecco tutto questo poi si ripercuote maggiormente in questi grandi contenitori che sono gli stadi dei grandi club e si combatte per quanto ci riguarda con un acculturamento. Il fatto di capire, appunto, che il gioco del calcio è un gioco e va vissuto come tale e bisogna saper perdere soprattutto“, dichiara.
Marotta parla poi dei giocatori che dopo una sconfitta si sentono in dovere di scusarsi per il risultato: “Non ci sono dei giudici che alla fine della partita devono esprimere il loro verdetto, assolutamente. Se si perde evidentemente gli avversari sono stati più bravi, chiaramente c’è il rammarico ma questi processi fatti in campo sicuramente fanno del male anche perché poi quando si parla di grandi club, di grandi partite, c’è un concetto di emulazione e i nostri figli, i nostri bambini, i nostri nipoti vedono queste immagini e da queste immagini assumono dei valori sbagliati, diseducativi e quindi questo sicuramente dobbiamo debellarlo”.
“Si può e si deve fare sicuramente molto di più, però già oggi esistono figure all’interno del sistema – mi riferisco per esempio allo SLO, alla legge Maroni – che aiutano tantissimo nel garantire una certa trasparenza e quindi noi società possiamo fare qualcosa acculturando anche i nostri giocatori al rispetto di quelle che sono le leggi dello Stato, quelle che sono le norme federali che sono il codice di Giustizia Sportiva che va rispettato”. Marotta spiega il ruolo delle società in un diverso tipo di istruzione nel rapporto tra giocatori e ultras.
“Ecco, noi lo facciamo già perché durante l’anno calcistico facciamo delle lezioni in cui spieghiamo, grazie alla collaborazione delle autorità di polizia, con i nostri calciatori ma poi è difficile entrare nella vita privata di ogni giocatore, la vita privata è qualcosa di cui noi non possiamo controllare e quindi poi lì ecco la parte un po’ d’ombra, grigia, nella quale non possiamo entrare, possiamo magari aiutare il nostro giocatore con una cultura maggiore“.
Il legame con i giocatori
Marotta ha conosciuto numerosi giocatori, dagli anni ’90 ad oggi e confronta il rapporto che ha avuto con loro: “Oggi abbiamo a che fare con i ragazzi del 2024, così come avevamo avuto a che fare con i ragazzi del ‘90, quindi è la società attorno che sta cambiando, che sta evolvendosi in modo differente, anche questo poi condiziona chi agisce all’interno del mondo del calcio, quindi i nostri ragazzi“, afferma.
“Posso dire che oggi trovo i nostri ragazzi, sia delle giovanili che anche i giocatori della prima squadra, molto più emancipati rispetto a prima e quindi difficilmente subiscono le direttive degli allenatori, dei dirigenti senza un confronto democratico, vogliono spiegazioni ed è giusto che sia così. Di conseguenza, anche io che ho iniziato tanti anni fa mi sono dovuto adeguare ai tempi, e i tempi sono quelli di un confronto maggiore. Oggi il calciatore viene e chiede più dialogo. Quindi io credo che oggi, una virtù, una capacità del leader sia proprio quella dell’ascolto, l’allenatore deve ascoltare, il dirigente deve ascoltare”.
Sul rapporto con Conte: “Nessun dualismo”
“Non è un dualismo quello con Conte, io cerco sempre di accendere un pochino di attenzione e spingere l’avversario magari alla pressione, ma questo è quasi un gioco comunicativo”. Sentenzia Marotta, riguardo alle schermaglie con Antonio Conte del Napoli. “C’è grande rispetto tra le parti, poi è normale che l’aspetto mediatico in Italia sia molto sentito e quindi da una dichiarazione si fa un titolo e questo titolo poi porta al fatto che ci sia una reazione. Ma sono delle dinamiche di un mondo corretto, di un mondo all’interno del quale c’è grande rispetto tra i protagonisti e quindi credo che queste schermaglie dialettiche facciano parte del gioco“.
Sì al Decreto Crescita
“Io sono una persona che ha raggiunto forse il pieno della propria esperienza calcistica in questo settore che conosco molto bene, avendo iniziato proprio da ragazzino, questa esperienza però la metto a disposizione…“, afferma Marotta, che poi parla del personalismo mondo del calcio.”Oggi, credo che uno degli aspetti che dobbiamo combattere al nostro interno è quello della litigiosità e dei personalismi esasperati, dobbiamo essere invece tutti uniti nel cercare di portare avanti un fenomeno che a tratti traballa nel confronto delle altre nazioni europee. Ad esempio oggi si crede che il grande problema sia il confronto tra le Leghe e la Federazione quando invece noi dobbiamo rivolgerci alla politica, al governo, perché oggi i grandi problemi sono ad esempio il Decreto Crescita, che non ci dà la possibilità di utilizzare gli stranieri con agevolazioni che invece un manager normale”, dichiara.
“Sono certamente favorevole al Decreto Crescita”, continua. “Guarda caso nel momento in cui abbiamo attuato il Decreto Crescita le nostre squadre sono riuscite ad arrivare in fondo in tutte le competizioni in un’annata, Champions League, Europa League, Conference League in finale, ci siamo ritornati, l’Atalanta ha vinto cioè abbiamo messo a frutto quest’agevolazione. Credo che togliendoci quest’agevolazione torneremo ancora indietro nel nostro ranking”. Marotta prosegue: “Meno spazio per i giovani italiani? Basta calibrare il fatto che tu hai questo strumento di agevolazione partendo per esempio da 2 milioni lordi. Due milioni lordi significa che metto un tetto verso l’alto e quindi evidentemente il mondo giovanile non viene toccato. Quindi assolutamente non si va a prendere un giocatore straniero di 16 anni, perché non hai un vantaggio, uno sconto fiscale, mentre tu porti in casa dei giocatori affermati che possono far crescere anche i giocatori che hai già con te“.
Marotta sul proprio futuro all’Inter
Giuseppe Marotta è stato accostato a diversi ruoli nel mondo del calcio italiano, dal presidente della Federazione al Ministro dello Sport. Il numero uno dell’Inter spiega: “Io sono un amante e innamorato del mondo del calcio e dello sport, quindi è chiaro che sono molto contento della mia carriera, sono contentissimo di fare il presidente dell’Inter, che mi occupa molto e quindi poi mi dedico a osservare quello che viene intorno a noi”.
“Faccio un altro esempio, una delle grosse pecche che il nostro sistema oggi ha è quello di non poter garantire lo sport in modo gratuito a tutti i bambini, a tutti i ragazzini, oggi per avviarsi a una disciplina sportiva bisogna pagare praticamente la retta e questo secondo me è una cosa che dobbiamo cercare di eliminare. Il ministro Abodi è un ministro moderno, un ministro molto acuto. Bisogna che insieme ad un altro ministro, che è Valditara, creino questo connubio tra attività scolastica e attività sportiva per garantire, all’interno del sistema, lo sport gratuitamente a tutti i giovani”, analizza Marotta.”All’Inter sto bene, per cui assolutamente spero di dare e contribuire a dare risultati“.
L’obiettivo Champions
Marotta è andato vicino alla vittoria della Champions League con i nerazzurri, raggiungendo la finale due volte anche con la Juventus. La Coppa europea rimane ancora un obiettivo: “Credo che bisogna sempre garantire l’occasione per essere lì e quindi noi ci dobbiamo garantire quest’occasione, dopodiché si vince e si perde, dipende anche dagli avversari. Ecco, questo è quello che dobbiamo perseguire, perseguire di essere lì al momento giusto e questo è un atto non di arroganza ma di ambizione sportiva”, aggiunge. “Nello sport bisogna essere ambiziosi, altrimenti non si vince e quando alcuni miei colleghi di grandi club dicono “ma noi dobbiamo arrivare tra i primi 4, dobbiamo accontentarci”, io non sono molto d’accordo, perché bisogna avere la sfacciataggine di avere obiettivi anche magari utopistici, ma credere in questo perché nello sport tutto è garantito”, conclude il presidente dell’Inter Marotta.