Un duello che si è dipanato per mesi a distanza stasera si è trasferito sul campo, con due 3-5-2 a confronto e il verdetto chiaro al triplice fischio di Maresca: l’Inter è più forte e ha vinto con merito, la Juventus non è ancora a quei livelli e deve accontentarsi per ora di una sconfitta che non ridimensiona l’ottima stagione rispetto alle attese. Sono i confronti diretti in due moduli speculari a fare la differenza. Detto della bontà della prestazione di Szczesny, che salva più volte i suoi, ma che testimonia come dietro si sia ballato in casa bianconera, Pavard ha giocato una partita monumentale e Gatti ha fatto autogol. E ancora, Thuram gioca con una personalità e una concretezza unica nell’accompagnare Lautaro (oggi un po’ spento), viceversa Yildiz ha pagato lo scotto della prima grandissima partita da titolare, mentre Vlahovic in otto partite non ha mai segnato a San Siro e lo stop sbagliato in quel contropiede è una grossa ombra.
Ma il più facile riassunto di Inter-Juventus sta nel duello in mezzo al campo tra Locatelli e Calhanoglu. Entrambi sono stati adattati negli anni dai loro allenatori: il mediano della Juve detta i tempi, ma lo fa in un modo più affine alla Premier e ai centrocampo a due che come regista puro. E questo, alla fine, ha un impatto sulle trame di gioco dei ragazzi di Allegri. Inzaghi, invece, ha ritagliato addosso al turco, che gioca stasera una partita totale, il ruolo perfetto: da trequartista mezzala, da mezzala a regista. E il 20 incanta: una palla per Dimarco favolosa, il palo perché non si dimentica di essere stato un giocatore offensivo, giocate di fino e palloni illuminanti. E una squadra che punta allo scudetto ha bisogno di questo.