[the_ad id=”445341″]
[the_ad id=”10725″]
Ci attendevamo una sfida a viso aperto a San Siro, e in effetti così è stata. Inter e Napoli avevano tutte le ragioni per poter approcciare così alla partita: i nerazzurri, con lo Scudetto svanito, non dovevano far altro che difendere d’orgoglio il secondo posto, poco differente dal terzo e dal quarto (a patto che la Roma non vinca l’Europa League); i partenopei invece hanno giustamente spento ogni singola ambizione relativa al campionato da quando Milik ha sancito dal dischetto la vittoria della Coppa Italia. A deciderla sono D’Ambrosio e Lautaro con un gol per tempo: la banda di Conte farà capo al Gewiss Stadium forte di due risultati su tre per difendere la seconda piazza dagli attacchi dell’Atalanta.
La formazione di Gattuso avrebbe largamente meritato il vantaggio all’interno del primo tempo, vantaggio non arrivato a causa degli errori grossolani di Politano e Insigne. Invece non solo è arrivata la sconfitta, ma è mancato anche il gol a una squadra che ha mostrato due facce completamente diverse tra una frazione e l’altra. Gli azzurri nella prima frazione a tratti hanno dominato mentre nella seconda, seppur costruendo tanto, sono sembrati alquanto macchinosi dalla trequarti in su. Non si può da questo punto di vista non parlare del centravanti, poco servito e reso protagonista del gioco. E’ altrettanto vero come l’atteggiamento di Milik stia, di volta in volta, infastidendo i tifosi partenopei, dato che il polacco fa davvero poco oltre al nascondersi dietro la retroguardia dei nerazzurri. Se la squadra non segna è lecito porsi due domande su chi sta là davanti. Al momento bisogna capire l’entità del problema, se fisico o mentale, e se Milik abbia più la testa per il Napoli che per le voci di mercato. Gattuso deve capirlo entro due settimane e agire di conseguenza: Callejon e Lozano non demeriterebbero al Camp Nou se comparati alla versione di San Siro di Arek. Non tutto è però da buttare: la squadra del primo tempo, con la giusta motivazione, non sarà una vittima sacrificale in Champions.
[the_ad id=”668943″]
[the_ad id=”248876″]
Qualcuno che demeriterebbe al Camp Nou un po’ meno, a maggior ragione dopo stasera, è Lautaro Martinez: al 74′ il Toro chiude il match con una clamorosa zingarata e con una conclusione magistrale che non lascia scampo ad Alex Meret, che forse poteva fare qualcosa di più. Quattordicesima rete in campionato per l’argentino che, momentaneamente, mette a tacere i rumors di mercato e le critiche giunte in queste ultime settimane con un “parlate, parlate”. Conte questa sera ha preferito nuovamente Sanchez, ma il cileno è sembrato rispetto alle ultime uscite un po’ sottotono: corsa e voglia da vendere, come sempre, anche se a volte la troppa esuberanza lo porta a rischiare il doppio giallo. In serate come queste, in cui la squadra a volte isola il reparto avanzato, andrebbe sistemato meglio dal punto di vista tattico. Cerca spesso Lukaku, trovandolo tuttavia poco e male.
Parlando del belga, ancora una partita molto dispendiosa dal punto di vista fisico per lui: la generosità dell’ex Manchester United meritava sicuramente la gioia del gol, senza contare che ha messo Barella davanti a Meret con un’autentica magia. E poi, come non menzionare l’eterna polemica: la partita di stasera sembra confermare un’idea di Conte, ossia quella di preferire sempre chi lavora sodo e fa quello che lui chiede. A questo in parte si deve l’esclusione iniziale di Lautaro e soprattutto gli 89′ di Borja Valero, grande protagonista questa sera, con Eriksen (ancora) in panchina: la stagione dello spagnolo fin qui meriterebbe un voto altissimo, per l’impegno messo in ogni partita e per la qualità che non ha fatto mai mancare quando Conte lo ha chiamato in causa. Stasera nel ruolo di trequartista è abbastanza nascosto nel primo tempo, ma nella ripresa sale decisamente in cattedra. E poi, come non citare il veterano in porta: Handanovic mette inizialmente in ansia i compagni per un problema al ginocchio, prima di superarsi con autentici interventi superando il dolore.
Tutto sommato è complicato trovare chi abbia demeritato in maglia nerazzurra, salvo forse Brozovic, che alterna momenti di pausa in cui totalmente va fuori dall’incontro a momenti in cui sforna giocate mai banali. Così come è complicato affermare che l’Inter abbia demeritato in questa stagione anormale: i nerazzurri salgono a 79 punti, miglior risultato dal 2010 a questa parte. Quell’anno era l’anno del Triplete, quando bastarono 82 punti per vincere il campionato. Erano decisamente altri tempi, c’era decisamente un’altra concorrenza.
[the_ad id=”676180″]