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“Il calcio dà da vivere a 370 mila persone, se si ferma sarà il fallimento per tanti e l’Italia perderà pezzi di storia non solo sportiva. Sarà un disastro sociale. Fermarsi adesso vuol dire, quasi certamente, non ripartire neanche a settembre: molti mesi di inattività sarebbero allucinanti”. Igli Tare si mostra pessimista e non prospetta un futuro florido per il calcio italiano qualora si dovesse decidere di chiudere anzitempo la stagione.
Il direttore sportivo della Lazio, in un’intervista a Repubblica, chiarisce come l’unica medicina per il sistema sia quella di ripartire: “Non posso pensare che il signor Spadafora sia così irresponsabile da farlo apposta, ma di certo esistono governi in Europa che vogliono aiutare il calcio: la Germania, la Spagna, l’Inghilterra. In Italia non è così, e neppure in Francia dove hanno bloccato tutto in via definitiva: e io penso che il governo francese perderà molte cause civili con i club. Evitiamo un’estate in tribunale anche noi. Ci stanno prendendo in giro, queste continue complicazioni sono ridicole. Siano più chiari, oppure le conseguenze si riveleranno enormi: economiche, sociali, sportive e psichiche. La gente è in sofferenza nervosa e il calcio è terapeutico. Ne abbiamo bisogno in tanti. Il pallone può essere il segno della vita che ricomincia davvero”. Tare ricorda come dietro ai lustrini della Serie A ci siano migliaia di persone che lavorano con stipendi normali: “Pensano che il calcio sia soltanto la serie A, invece sono migliaia di persone e famiglie che lavorano. Abbiamo il dovere di difenderle”.
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