“Dia? Per quello che sappiamo si tratta di un falso allarme, aspettiamo che torni per poterlo valutare ed eventualmente inserirlo in gruppo. Bisogna un attimo calarsi nella realtà del continente in cui è stata fatta la diagnosi, in cui statisticamente vengono sopravvalutate le parassitosi, come da noi vengono spesso sopravvalutate le sindromi influenzali. Tante volte nella medicina è meglio fare una diagnosi peggiorativa che una diagnosi superficiale”. Lo ha dichiarato Fabio Rodia, coordinatore dello staff medico della Lazio, nel suo intervento alla puntata 741 di “La Politica nel pallone” di Emilio Mancuso su Radio Rai Gr Parlamento in merito al caso di malaria che ha colpito Boulaye Dia con la Nazionale, risultato poi negativo. Parlando di un altro protagonista della Lazio, Nuno Tavares, Rodia ha spiegato: “Abbiamo dovuto lavorare molto su di lui, soprattutto nei primi due mesi. Si è presentato in condizioni fisiche non al top, abbiamo lavorato per recuperare la sua condizione atletica e c’è stato bisogno di un piccolo periodo di adattamento al campionato. Ha potenzialità importanti, raggiunge una velocità di 38 km/h, con quella struttura fisica diventa un fattore che fa la differenza”.
“Quest’anno gli infortuni sono in aumento, c’è un aumento delle competizioni che sono particolarmente ravvicinate, sia per i club che per le Nazionali. – ha analizzato ancora Rodia – Bisogna considerare che oggi il calcio è uno sport ad altissima intensità. Negli ultimi dieci anni la corsa dei calciatori è aumentata del 50/60%. Con i dati dei GPS vediamo che i giocatori corrono da 10 a 15 km a partita, lo sport è diventato maggiormente atletico”. “Un altro dato importante – ha concluso – è che gli infortuni si verificano soprattutto a inizio stagione, quando non si ha un’adeguata preparazione completa. Inoltre, spesso e volentieri i giocatori si fanno male da soli, senza uno scontro fisico. Infine, questo fenomeno è in aumento anche a livello dilettantistico, tra i giovani e le donne: questo deve farci riflettere, perché un danno al legamento crociato, anche se ben riparato, dopo 15/20 anni può dare esiti importanti che un giovane atleta si porterà per tutta la vita”.