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La Lazio non sfonda contro l’Atalanta decimata, due punti persi. La Dea più forte delle assenze

Maurizio Sarri, Lazio - Foto Antonio Fraioli

Se non puoi vincere, almeno non perdere. E’ questo il motto dell’Atalanta, che trova il secondo 0-0 consecutivo in un big match. Un risultato assolutamente anomalo per il credo di Gasperini e per i numeri ai quali c’ha abituato questa squadra, ma che diventa estremamente comprensibile se si considera quanti assenti c’erano contro l’Inter tra infortuni e Covid e quanti, stasera, ce n’erano contro la Lazio. Un numero sconfinato di titolari fuori perché contagiati, alcuni ruoli completamente da inventare per la Dea, che porta a casa questo pareggio contro i biancocelesti di Sarri per i quali sono sicuramente due punti persi e non uno guadagnato. Era importante vincerla stasera e approfittare di una rivale in agonia, un’occasione irripetibile. E invece, Immobile è un fantasma davanti, Luis Alberto sbaglia tanto e non incide, l’assenza di Pedro non è colmata da Zaccagni e Felipe Anderson gira alla larga.

L’Atalanta per due volte di fila non segna in campionato e non succedeva da novembre 2020, ma si tratta di un punto importante che fa seguito a un altro punto importante come quello contro la capolista di sei giorni fa. E’ vero, domani la Juventus potrebbe piazzare il sorpasso e sbattere fuori dalle prime quattro la Dea, che però ha pur sempre una partita in meno da recuperare. E, soprattutto, il Covid dovrà prima o poi lasciare stare questo gruppo che oggi ha visto in panchina il solo Toloi insieme a dei bambini, e in campo nel finale qualcosa come sette difensori, alcuni di questi fuori ruolo.

Sono tutti dati che esaltano la prova dei bergamaschi, ma che allo stesso tempo distruggono quella dei padroni di casa. Il gioco di Sarri non esiste, mancano gli automatismi, si arriva sporadicamente in zona gol come con Zaccagni che con il palo trova l’unica vera occasione. Insomma, poteva essere la serata del rilancio, invece è il solito nulla di fatto di una stagione che rischia di diventare complicata: senza l’Europa, seppur quella minore, il primo anno di Sarri si trasformerebbe in un mezzo fallimento, al di là dei discorsi sul rinnovo.

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