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Juventus, Sarri ora è un vincente anche in Italia: ma lo scudetto non cancella le perplessità

Maurizio Sarri, Juventus - Foto Antonio Fraioli

La Juventus vince un altro scudetto, anche se in maniera per nulla serena. E’ il nono di fila, il primo al primo tentativo nella gestione Maurizio Sarri. Un allenatore che era arrivato a Torino per rovesciare una prospettiva che vedeva i bianconeri vincenti in patria ma non all’estero con Massimiliano Allegri, e soprattutto per impostare uno stile di gioco in linea con quello di altre squadre, votato all’attacco e al divertimento. Il tecnico toscano non sarà d’accordo, ma possiamo tranquillamente dire che questo stravolgimento proprio non si è visto. Le partite giocate in maniera splendida dalla Juventus si contano sulle dita di una mano e probabilmente l’esempio migliore a disposizione è Juventus-Inter 2-0 (ma con una situazione ambientale molto particolare) e alcune partite in Champions League. D’altro canto, la filosofia sarriana si è comunque intravista più o meno in ogni match, anche se solo a sprazzi e con diverse problematiche da risolvere: se gli verrà concesso almeno un altro anno sulla panchina della Vecchia Signora non si potrà far altro che migliorare in tal senso.

Insomma, Sarri può esultare per lo scudetto e finalmente sentirsi un vincente anche in Italia. E’ il suo primo titolo da noi dopo l’Europa League col Chelsea, arrivato dopo due finali perse contro Lazio e Napoli. E qui arrivano le note dolenti: i due trofei lasciati per strada rendono il bilancio meno positivo e oscurano un po’ la vittoria di questo campionato, che peraltro prima del lockdown era stata seriamente messa a rischio dall’Inter e soprattutto dalla Lazio, che se non si fosse messo in mezzo il coronavirus avrebbe probabilmente insidiato maggiormente i bianconeri. Uno scudetto a tre giornate dalla fine dimostra che si è stati i migliori ed è abbastanza in linea con i passati anni, ma questa volta le sensazioni che alla Juventus potesse scappar via quello che in molti considerano ormai come scontato c’erano state, forse ancor di più rispetto ai due anni di rimonta (2016 e 2018) del quinquennio di Allegri. La squadra di Sarri era la più forte ed è arrivata in testa: nessuno scudetto è già vinto in partenza, quindi il lavoro dell’allenatore toscano non può essere sminuito, anche se nel post lockdown le rivali si sono tirate fuori dalla corsa in autonomia. Alcune perplessità, però, restano, e soprattutto c’è ancora una Champions da giocare: passare il turno col Lione potrebbe essere il bigliettino da visita migliore per far ricredere anche gli scettici, anche se il vero obiettivo resta quello di alzare al cielo anche quella coppa. Ma se nessuno su questa panchina ci riesce da ventiquattro anni, Sarri non può certo sentirsi sotto pressione.

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