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“Sono stato via quasi un mese e nella fretta di rientrare non stavo bene fisicamente. Ho dovuto lavorare molto per la squadra e non ero lucido per fare gol. Le ultime partite le ho giocate a sinistra, quasi coprendo la fascia. L’importante è giocare e fare quello che chiede l’allenatore. Ovviamente mi piacerebbe giocare meglio e segnare più gol. Prima dell’infortunio stavo bene”. Lo ha detto Alvaro Morata che si sofferma sul momento delicato della Juventus e della sua stagione. In un’intervista a El Pais, l’attaccante bianconero si sofferma anche sui difficili momenti vissuti all’Europeo, tra critiche e insulti dei tifosi. “Quando la mia famiglia o i miei amici cercano di farti stare bene ti dicono ‘non ti hanno fischiato, non gli è piaciuto il cambiamento…’, io gli dico sempre: ‘Immagina un mio cugino che lavora al benzinaio e iniziano a fischiarlo e insultarlo perché è finita un po’ di benzina’. Nessuno è perfetto, non siamo macchine, so cosa mi viene richiesto qui. Ma le critiche e i fischi non mi fanno arrabbiare, anche se mi dà fastidio. Ma l’odio no. Ho visto bambini con genitori e questi con facce arrabbiate ed è quello che impara il bambino. Comunque, penso che qualcosa stia cambiando, che le persone si stiano rendendo conto che ci sono dei limiti. Dentro il campo possono insultarmi o sputare, ma fuori quando vado a passeggio io, o mia moglie, con i miei figli, no, è diverso”.
“Ci sono stati momenti in cui mi svegliavo nella stanza e non avevo voglia nemmeno di alzarmi – aggiunge Morata – Non avevo energie. Fino a quando scendevo a fare colazione e vedevo i miei colleghi o parlavo con mia moglie al telefono e mi tornava la voglia di tutto. Non ho più 20 anni, non posso preoccuparmi di queste cose, ho dei figli, una moglie e devo insegnargli che bisogna andare avanti anche se non si ha voglia”. Poi la conclusione: “Peccato che quando i calciatori raggiungono la maturità non abbiamo più forza fisica. Una persona che si prepara tutta la vita al lavoro, a 31 o 32 anni, inizia la carriera. Per noi, a 34 anni, sembra che la vita si stia esaurendo. Mi considero una persona privilegiata perché ho visto molti giocatori migliori di me, e alla fine mi sono realizzato attraverso il duro lavoro e il superamento di momenti brutti. Per questo non condivido la mentalità soft, ho avuto tanti momenti in cui sono stato l’ultimo e alla fine ho fatto carriera”.
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