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Il vicepresidente ed ex capitano dell’Inter Javier Zanetti è intervenuto ai microfoni di Sky Sport, parlando anche della difficile situazione creata dalla pandemia di Covid-19: “E’ una situazione molto difficile, drammatica in tutto il mondo, perché il Coronavirus sta colpendo tante popolazioni. Non possiamo sottovalutare niente. C’è grande preoccupazione e noi per primi, avendo la proprietà cinese, ci siamo resi conto che si trattava di una cosa molto grave. Purtroppo è arrivata anche in Italia, con tanti morti e tanti malati. Dobbiamo stare molto attenti. Pensare alla ripresa oggi è molto difficile. Fino al 13 aprile dobbiamo restare a casa per far sì che questo virus si possa calmare e la curva possa scendere. E’ molto difficile pensare a una ripresa. Quelli che dovranno prendere delle decisioni per il futuro del calcio dovranno stare molto attenti perché si parla della salute e siamo molto preoccupati. Non è un interruttore che si spegne e si riaccende. Bisogna capire anche l’aspetto psicologico dei giocatori: io percepisco grande preoccupazione da parte di tutti e questo dovrà essere compreso. Io sono a casa, con i miei figli che fanno scuola online. Io lavoro da qui con il mister, con Oriali e con tutti gli altri e stiamo lavorando tutti insieme”.
L’ex terzino nerazzurro ha espresso la sua opinione riguardo alla cancellazione del campionato belga e alle eventuali soluzioni per la ripresa del campionato: “E’ comprensibile perché nessuno può prevedere quello che accadrà. Noi siamo in casa fino al 13, dopodiché speriamo che la situazione migliori. Ora è un momento importante per riflettere, anche sul calcio in generale per renderlo più sostenibile. Stiamo capendo tante cose, servirà a tutto l’ambiente calcistico. Penso che trovare una formula sia complicato in questo momento. Le semifinali di Coppa Italia c’è più tempo, ma prima bisogna capire quando la situazione sarà sistemata. Bisognerà anche stare attenti a non compromettere la prossima stagione. Non è semplice prendere una decisione. Dobbiamo vedere tutte le carte sul tavolo e sperare poi di prendere la decisione giusta”.
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Zanetti ha fatto alcune confessioni sulla sua carriera, svelando la sua partita preferita e raccontando un aneddoto sulla finale di Champions League di Madrid del 2010: “Scegliere una partita è difficile visto le tante gare disputate. La mia prima partita all’Inter è stato come compiere un sogno, davanti alla mia famiglia. La prima volta a San Siro, è stata un’emozione unica. Potrei dire anche la finale di Coppa Uefa, dove ho anche segnato ed è stato il primo trofeo con l’Inter. Ho avuto tanti allenatori, ma se devo dirne uno, per quello che abbiamo fatto direi Simoni per primo e poi Mourinho perché con il portoghese siamo riusciti a fare qualcosa di straordinario. E’ stato un momento di grande emozione. Mi piace ricordare il percorso che abbiamo fatto per arrivare a Madrid. Penso alla partita di Kiev, dove abbiamo rimontato una partita importantissima perché ci ha permesso di poterci giocare la qualificazione in casa contro il Rubin. La partita soffertissima a Barcellona, che è stata difficilissima. E’ stata una partita infinita. La notte di Madrid ci ha permesso di coronare un sogno. Per me, avendo 37 anni, poteva essere l’ultima opportunità di alzare questo trofeo e mi è capitato nel periodo più bello. Quella è stata la mia 700esima partita con l’Inter”.
Il vicepresidente dell’Inter ha parlato anche dei calciatori che gli hanno creato maggiori problemi nella marcatura: “Ne ho affrontati tanti. Uno di questi è Messi, nelle due semifinali di Champions per dire. Ma mi ricordo una partita contro la Juventus, dove Simoni mi ha dato il compito di marcare Zidane e togliergli la palla era molto difficile, complicatissimo. E’ stata una partita di concentrazione per non far fare a Zidane quello che sapeva. E’ andata bene, perché alla fine abbiamo vinto 1-0”.
Infine sulla sua vita nella società nerazzurra e sulla possibilità di permanenza di Lautaro Martinez: “Per me l’Inter è stata una famiglia. L’Inter è resiliente. L’Inter ha la forza di rialzarsi sempre e ci contraddistingue. Fa parte del nostro DNA e lo viviamo così. L’Inter è responsabilità sociale, una società che ha sempre guardato a come aiutare le persone. Sono valori che abbiamo e che sono molto importanti da trasmettere. Mi fa piacere di parlare di lui perché quando lo abbiamo preso lo seguivamo da tempo. Era il giocatore più promettente del calcio argentino e parlando con Milito dicevamo che poteva avere un futuro importante. Ora fa parte del patrimonio del nostro club ed è un ragazzo che è cresciuto tantissimo ad appena 22 anni. Io vedendolo allenarsi tutte le settimane lo vedo felice con noi e mi auguro che resti a lungo. E’ un nostro patrimonio. Lui insieme ad altri rappresentano un patrimonio importante per il nostro club”.
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