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Cristian Chivu ha dedicato una lunga lettera all’Inter, pubblicata sul sito ufficiale dei nerazzurri. L’ex difensore romeno ha trattato vari argomenti, fra i quali il disagio di indossare un caschetto dopo una delicata operazione alla testa e l’emozione di poter evitare di metterlo in situazioni particolari: “Indossare il caschetto mi dava calma e serenità , era la mia forma di protezione. Poi certo, pronti via ho capito che il laccio era troppo stretto e da subito l’ho sganciato, non sarei riuscito a respirare. Ad un certo punto l’ho tolto e l’ho buttato dentro alla Champions. Assieme al caschetto, in quel trofeo, ci ho messo tutto: le paure, le incertezze, i sacrifici che avevo affrontato. Finiva tutto, con la realizzazione del sogno più bello. E le lacrime di quel momento erano di gioia, ma anche di liberazione”.
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Fra i passaggi più importanti, Chivu ha analizzato un aspetto particolare della finale di Madrid 2010, la marcatura su Arjen Robben: “Dicono che mi abbia fatto venire il mal di testa in finale. Ovviamente sapevo che avrei dovuto avere a che fare con un fuoriclasse: rapido, tecnico, fantasioso. Ma andate a vedere i tabellini: gol in carriera di Arjen Robben contro Cristian Chivu? Zero. Gestione, l’avevamo preparata bene. E abbiamo vinto. Ho dato davvero tutto per l’Inter, a tal punto dal portare i segni sul mio corpo. Indelebili, dentro e fuori. Forse i tifosi nerazzurri non mi hanno mai visto sotto la curva a baciare la maglia, ma hanno visto i miei sacrifici, i miei sforzi per recuperare dagli infortuni, per essere sempre utile alla squadra e ai compagni”.
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