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Mauro Icardi si racconta. Il capitano dell’Inter a 360° intervistato da David Trezeguet per Sport Mediaset ripercorre tutta la sua carriera, partendo dagli albori in Argentina. “Ho iniziato a giocare a calcio in una squadra piccola, però era la squadra del mio paese dove ho fatto tanti gol. All’inizio non volevo giocare, durante la prima partita stavo fermo in mezzo al campo, è entrato mio padre e mi ha detto ‘Devi correre, devi correre, devi fare gol’. ‘No, io non voglio giocare’ fu la mia risposta. Mi ha convinto dicendo che mi comprava una Coca e un panino. Da lì ho iniziato a giocare, da lì è partita la mia passione per il calcio”.
Il bomber nerazzurro parla poi della fascia di capitano che ha ereditato dall’attuale vicepresidente del club. “Indossarla in una squadra dove uno come Zanetti l’ha portata quasi vent’anni non è un peso, ma un grande onore“, ha dichiarato l’argentino. Dal calcio sudamericano a quello europeo: “Ho lasciato la mia terra nel 2002 insieme alla mia famiglia, che è partita per motivi di lavoro. Era un periodo molto brutto per il mio paese, colpito da una grave crisi che ha spinto mio padre a cercare fortuna in Europa per dare a me e ai miei fratelli un futuro migliore. Ho iniziato a giocare nella squadra del paese e un giorno gli osservatori del Barcellona e del Real Madrid sono venuti a vedere un torneo. Eravamo una squadra che non conosceva nessuno, c’erano club molto più importanti. Abbiamo vinto grazie ai miei gol, da lì è iniziato il mio viaggio verso il Barcellona”.
Quando gli viene chiesto se sia vera l’indiscrezione della chiamata di Messi per convincerlo, il capitano nerazzurro risponde così: “Hanno contattato mio padre e mia madre per portarmi al Barcellona, c’erano altre squadre interessate a me. Il Real e l’Atletico Madrid, il Siviglia… Così il Barcellona ha deciso di mandare una persona a trovarmi alle Canarie. Mi ha portato un gagliardetto, una foto e un pallone del Barça. Tutto firmato da Messi, con tanto di dedica per me e per la mia famiglia. Poi un giorno, quando la prima squadra del Barcellona si è allenata allo stadio, sono andato dove c’è il parcheggio e l’ho aspettato. Faceva tanto freddo, ma era un sogno conoscere Messi. Gli ho bussato al vetro della macchina ‘Io sono Mauro Icardi, il ragazzo a cui hai mandato il gagliardetto’. E da lì ho auto un piccolo avvicinamento con lui, mi ha invitato a mangiare, poi a fare colazione con la prima squadra. Per me quello è stato un giorno speciale”.
Poi la chiamata dall’Italia, con Maurito che decide di lasciare il club blaugrana per confrontarsi con il calcio italiano: “Ho vissuto da vicino l’esperienza di Ibrahimovic. Ho pensato che le mie qualità fossero simili alle sue, un centravanti, non uno che si muove per tutto il campo come fanno tutti i giocatori del Barcellona. Allora con il mio procuratore, quando è arrivata l’offerta della Sampdoria, abbiamo deciso che il calcio italiano sarebbe stato più adatto alle mie caratteristiche“.
L’esordio con la maglia blucerchiata è da sogno: “Eravamo a Castellammare contro la Juve Stabia, partita difficilissima. Al primo minuto ci fanno gol, un mio compagno viene espulso, eravamo in 10. Abbiamo pareggiato la partita e il mister mi chiama ‘Devi entrare e giocare gli ultimi 15 minuti’. Fanno un cross, arrivo in area da solo, perché ci stavamo difendendo tutti, faccio il 2-1 ed entriamo direttamente ai Playoff. Quello è stato il mio esordio, i 15 minuti sicuramente più importanti della mia carriera“. Un altro momento cruciale è rappresentato dal derby del 18 novembre 2012 contro il Genoa: “Siamo arrivati a quella partita con tutti gli attaccanti infortunati. C’ero solo io. In
settimana il mister non sapeva chi mettere. Arriviamo alla domenica e mi dice ‘Devi giocare’. ‘Va bene’, dico io, ‘Sono qui per giocare’. E quel derby credo sia stata la miglior partita da quando gioco a calcio. E’ stata pazzesca, abbiamo vinto, ho segnato il 3-1, ho creato il primo e il secondo gol. Ho corso non so quanto tutta la partita, ricordo che alla fine avevo i crampi fino ai capelli. E’ stata la mia svolta in Serie A, perché fino a quel momento avevo giocato poco“.
Tra i bersagli preferiti del centravanti argentino c’è anche la Juventus: “Quella vinta allo Stadium 2-1 a gennaio è stata un’altra partita incredibile. Primo tempo rigore per la Juventus e 1-0, poi siamo rimasti in 10. Nel secondo tempo mi capitano questi due palloni e faccio due gol. Abbiamo vinto, in inferiorità numerica e da lì è diventato famoso il mio nome“. La tradizione prosegue in nerazzurro: “Quando è arrivata la Juventus a San Siro c’era lo stadio pieno, era la prima volta che vedevo San Siro con 80 mila persone. Vado in panchina, entro e dopo due minuti faccio gol. Mentre esultavo in campo con la gente, sentivo il campo tremare, sentivo la gioia di tutti i tifosi“.
In chiusura un messaggio per tutti i bambini che amano il calcio: “Secondo me la cosa più importante all’inizio è riuscire a divertirsi. A me non è mai stata messa pressione, ho cominciato per divertimento e poi quando sei più grande se hai delle qualità ti rendi conto che puoi fare del calcio un lavoro“.