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Nemmeno il tempo di riprendere fiato dalla quarta che già le squadre di Serie A si sono ritrovate impegnate nella quinta giornata, in quello che è stato il primo turno infrasettimanale della stagione. Turno infrasettimanale che come da tradizione ci ha regalato diverse sorprese, tante vittorie in trasferta e le classiche altalene che caratterizzano le squadre che si trovano a mettere in campo più di qualche riserva.
Quasi l’unica certezza in questo campionato folle sembra essere l’Inter, ancora a punteggio pieno dopo la vittoria sulla Lazio. È stato il secondo test piuttosto impegnativo nell’arco di pochi giorni per i nerazzurri: se contro il Milan però la squadra di Conte aveva di fatto controllato la gara dal primo all’ultimo minuto, stavolta è servita la versione più operaia del Biscione per strappare tre punti da grande squadra. I biancocelesti avrebbero meritato qualcosa in più, soprattutto nel primo tempo, ma si sono dovuti arrendere alla solidità di una fazione che, quando va in vantaggio, sembra quasi in grado di far arrendere gli avversari alla propria supremazia difensiva. Anche perché, lì dove non arriva il trio Godín-de Vrij-Škriniar, c’è sempre il capitano Handanović pronto a salvare baracca e burattini, come effettivamente avvenuto nella partita di mercoledì. Le ultime due partite ce lo hanno definitivamente confermato: l’Inter ha le carte in regola per giocarsela in ottica titolo. Bisognerà quindi continuare su questo ritmo senza frenare un attimo: avere un motivatore eccezionale come Conte in tal senso potrebbe essere fondamentale, fondamentale come sarà l’apporto delle riserve (buona la prima per Biraghi, ad esempio).
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Alle spalle dei nerazzurri c’è una Juventus che forse dovrà abituarsi a questo gap, almeno fino a quel derby d’Italia del prossimo 6 ottobre che assume sempre più i connotati del primo grande snodo di questa Serie A. Una Signora che a Brescia ha vinto e convinto, andando anche questa volta in svantaggio (più per un errore di Szczęsny che per altro) ma trovando una produzione offensiva ben migliore rispetto alla partita con l’Hellas, nonostante l’assenza di CR7. La media di un gol subito a partita è certo preoccupante, ma come già detto più volte bisogna dare tempo a Sarri di perfezionare i suoi ambiziosissimi meccanismi, specie perché parliamo di una squadra che fino a pochi mesi fa aveva uno stile di gioco praticamente opposto. Non è un’equazione matematica: specie con tutte queste assenze, i numeri difensivi dei campioni d’Italia potrebbero anche rimanere su per giù questi fino alla fine della stagione, specie se non dovessero essere affinati i meccanismi di pressing alto. Il reparto che invece sembra destinato a raggiungere livelli stellari – specie con Dybala e Ramsey così tanto sopra le righe – è quello offensivo, che sta acquisendo soluzioni e velocità, dando la sensazione che sarà una Juve più europea. Sarà, appunto: tempo al tempo.
Chi invece appare improvvisamente lontano dalla vetta è il Napoli, clamorosamente scivolato in casa col Cagliari in una partita dominata ma persa per 0-1 negli ultimi minuti. La beffa firmata Castro rappresenta il riproporsi di un tremendo cliché per gli azzurri, che non sono sicuramente stati fortunati, ma per l’ennesima volta hanno perso dei punti fondamentali per tenere il passo delle prime due in classifica. Al Napoli negli ultimi anni è successo più di una volta di scontrarsi con partite in cui la palla non vuole entrare e conseguentemente perdere la testa. È facile dirlo da casa, ma in questi casi bisognerebbe mantenere la tranquillità e ricordarsi che un punto è meglio di niente, evitando di esporsi ad evitabili ripartenze. Il rosso a Koulibaly, solo la settimana scorsa monumentale contro il Liverpool, è simbolo dell’atavica mancanza di mentalità in alcuni momenti per i partenopei, che rispetto all’Inter danno certo la sensazione di avere più qualità, ma anche (e forse soprattutto) di essere molto più fragili. E ora il Napoli si trova a pari punti col Cagliari – appunto – dietro all’Atalanta, che in casa della Roma ha lanciato un segnale chiaro: gli alti e bassi di questo inizio stagione non rendono la Dea una squadra meno quotata di altre nella lotta per il quarto posto. Grazie al suo solito modo di giocare aggressivo, i bergamaschi hanno ottenuto una vittoria autoritaria, che ha smorzato gli entusiasmi dei giallorossi. Non è stata una prestazione negativa in assoluto per la Lupa, ma sicuramente quella meno convincente sul piano del gioco espresso. Sia chiaro: i ragazzi di Fonseca sono all’inizio di un progetto tecnico, esattamente come la Juve e l’Inter, ed è normale abbiano ancora tanti margini di crescita, così com’è normale che contro sistemi collaudati come quello del maestro Gasperini tutti i loro limiti vengano fuori.
A confermare questo princìpio c’è stato anche il posticipo di giornata, che ha visto il Torino imporsi in rimonta sul Milan per 2-1. Per un’ora è stata sicuramente la miglior prestazione stagionale dei rossoneri, che hanno dato più verticalità al proprio palleggio e trovato, con Hernández e Leão, una catena di sinistra finalmente propositiva tanto quanto quella destra. Poi però improvvisamente la luce si è spenta: le mosse tattiche di Mazzarri e l’anima forte del Toro – ben rappresentata dallo strepitoso secondo tempo dei vari Belotti, Rincòn e Sirigu – hanno rovinato la serata del Diavolo, reo sia di non aver raddoppiato quando avrebbe potuto sia di non aver gestito le difficoltà, anzi piuttosto di essere stato travolto da esse. I progressi nel gioco potranno rincuorare Giampaolo in una serata che complessivamente è stata sfortunata, ma ora serviranno risultati prima che la sfiducia travolga il progetto tecnico dell’allenatore ex Samp. Al campo dunque i prossimi verdetti: non ci sarà molto da attendere, si ricomincia sabato alle 15.
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