Emergono nuovi sviluppi sul caso di giri illeciti nelle curve milanesi. Come si legge in un’integrazione della richiesta di misura cautelare nell’inchiesta, riportata dall’ANSA, l’ormai ex capo ultrà interista Andrea Beretta, in carcere per l’omicidio dell’esponente della ‘ndrangheta Antonio Bellocco, fu “convocato, tra giugno e luglio, a casa di Bellocco” e nei box sotto l’abitazione incontrò “due emissari” del clan ‘ndranghetista, che gli avrebbero rivolto “direttamente concrete intimidazioni (sempre correlabili alla gestione del merchandising)”. Secondo gli investigatori l’incontro si sarebbe tenuto il 23 luglio. Andrea Beretta ha messo inoltre a verbale che sarebbe “riuscito più volte a sventare il progetto omicidiario” nei suoi confronti, “grazie alle rivelazioni ricevute dalla persona incaricata” di “tirarlo in trappola, verosimilmente con un sonnifero”, e di “condurlo in un luogo idoneo a perfezionare la sua esecuzione: qui sarebbe stato colpito con arma da fuoco e sotterrato”, si legge nell’integrazione.
Beretta, nell’interrogatorio dopo l’omicidio, ha riferito che “già da alcuni giorni” era “sottoposto a minacce da parte di Bellocco” che, assieme a Marco Ferdico, il terzo nel direttivo della curva, “ed almeno altri complici”, gli avevano “rappresentato di volersi appropriare del merchandising della Curva Nord, fonte di reddito” per Beretta “con il negozio ‘We Are Milano’, e di volerne avviare uno ex novo nella città di Milano”. Proprio il giorno dopo l’omicidio di Bellocco, come riporta l’ANSA, Ferdico, amico dell’esponente della cosca, chiamò un broker immobiliare in relazione al “progetto di avviare una nuova attività con un negozio” in via Casoretto, “da prendere in locazione in società proprio con Bellocco”. E in quella conversazione faceva sapere al broker: “Vi comunico che ci troviamo costretti a dover annullare con decorrenza immediata la proposta… poiché uno dei soci è venuto a mancare … che doveva stipulare il contratto… tragicamente scomparso. …vengono a mancare i presupposti per l’inizio di una nuova attività”.
Intanto, come fatto da altri otto arrestati ieri, i cinque ultrà interrogati oggi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. A scegliere la linea del silenzio, dunque, anche Marco Ferdico e Luca Lucci, ormai ex capi delle curve interista (la Nord) e milanista (la Sud), così come altri tre ultras in carcere, Mauro Nepi, Francesco Intagliata e Matteo Norrito. Altri tre ultras finiti in carcere saranno sentiti domani dal giudice, così come le tre persone ai domiciliari, tra cui l’imprenditore nel settore parcheggi Gherardo Zaccagni.
Nel frattempo il procuratore di Milano Marcello Viola ha incontrato i legali di Milan e Inter nell’ambito del procedimento di prevenzione aperto sulle due società, non indagate. Non ci sono tempi o scadenze previsti, riporta l’ANSA, ma il procedimento è in corso e dovrebbe servire a confermare che i legami tra gli ultras e figure dei club sono recisi.