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“Scommettere è come fare gol” e la gratificazione è “paragonabile a quella di una piccola dose di droga”. A far luce sul problema della ludopatia è Paolo Jarre, il medico che ha in cura Nicolò Fagioli. In un’intervista a La Stampa Paolo Jarre, il terapista – che ha coordinato per anni il dipartimento di patologia delle dipendenze dell’Asl To3 – spiega che “anche solo limitandoci alla Serie A, abbiamo a che fare con una platea di 500 ragazzi. Secondo le stime che si basano sulla popolazione generale, sarebbero dall’1 al 3% le persone con disturbi di gioco d’azzardo. Invece riscontriamo un tasso verosimilmente superiore di tre volte”. L’identikit è chiaro: “Parliamo di giovani, maschi, con parecchia disponibilità economica” che, secondo Jarre, arriva troppo in fretta. “I soldi dovrebbero essere spalmati nel corso degli anni, così da poter imparare a dare il giusto valore al denaro”, “il problema è culturale”,spiega.“I fattori di rischio sono molti – continua- Sicuramente i soldi e un livello d’istruzione medio-basso. Poi il loro mondo li pone in una di prossimità con le scommesse sportive. E sono ragazzi che molto spesso non hanno gli strumenti per affrontare certe tentazioni. In più, sono andati via di casa giovanissimi”.
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