Senza Kvaratskhelia, in un ambiente infuocato, con tanta pressione addosso e reduce dalla prima sconfitta stagionale, il Napoli supera anche l’esame Atalanta e dà un segnale fortissimo al campionato: nemmeno la Dea, la seconda della classe fin qui, può tenere il passo di una squadra che pare inarrestabile. E’ l’undicesima vittoria su tredici partite, le altre due pareggi peraltro con Lecce e Fiorentina, ma era inizio campionato. Da lì in avanti, questa squadra è diventata una macchina perfetta e l’1-2 del Gewiss Stadium è il manifesto di una vittoria sporca, voluta, quasi arrivata in modo naturale.
Già, la sensazione è che sia la vittoria a raggiungere questo Napoli ancor prima del contrario. I ragazzi di Spalletti hanno trovato maturità sempre più crescente lungo la strada, e ora sanno mettere in pratica quella saggezza accumulata. Non si fanno prendere dal panico anche se vanno sotto, per un rigore sfortunato causato da Osimhen, che non si scoraggia di certo e guida la riscossa: prima segna con uno stacco imperioso, poi squarcia la difesa atalantina e serve a Elmas la palla del sorpasso.
L’arrembaggio degli uomini di Gasperini nella ripresa non sortisce gli effetti sperati, anche se una traversa di Lookman grida vendetta, così come gli errori e le leggerezze di Hojlund che fa rimpiangere Zapata (dentro ma mai incisivo) e Muriel che probabilmente torna l’anno nuovo. Se nel calderone ci mettiamo un po’ di imprecisioni di troppo dell’arbitro Mariani, che inverte troppi fischi a favore degli ospiti, ne viene fuori un risultato scritto nella pietra, ma meritato per quello che c’ha fatto vedere una partita estremamente equilibrata, ma risolta dalla praticità mista all’estetica di un Napoli sempre più da scudetto.