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Il presidente della FIGC, Gabriele Gravina è stato ospite del convegno organizzato dall’Università di Bologna e dalla rivista Diritto dello Sport, “Lo sport oggi: dall’emergenza alla ripartenza”, e ha spiegato di come la Federazione stia affrontando questo periodo complicato legato alla pandemia di COVID-19 che ha costretto il calcio ad una brusca battuta d’arresto: “In questi ultimi due-tre mesi ho vissuto tantissimi momenti di grande esaltazione, anche se sempre accompagnata da un’attenta e responsabile prudenza. Io ho sempre sostenuto che la mia determinazione era dettata dal far capire cosa rappresenta il mondo del calcio nel panorama dello sport e soprattutto dell’economia italiana. C’è la dimensione economica, ma ce ne sono tante altre: parliamo di uno straordinario fattore sociale, non solo economico. Genera entusiasmo, moltiplica tanta passione verso il mondo dello sport e dell’economia. Ci troviamo in un momento particolarmente delicato della nostra vita: la diffusione epidemiologica da Covid-19 ha stravolto le vite di ciascuno di noi, ha cambiato le nostre abitudini e messo in discussione qualunque tipo di relazione interpersonale, ma tutto questo non ha mai spezzato il filo d’amore che lega il calcio al nostro Paese, all’Italia. Anche quando tutti erano fermi e soffrivano, il calcio ha voluto mostrare il proprio lato positivo, a differenza di quella demonizzazione a cui è stato sottoposto, anche con iniziative straordinarie come mettere a disposizione il nostro centro tecnico di Coverciano. È una casa che ha ospitato 48 pazienti positivi”.
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Il numero uno della Figc ha poi continuato esprimendo a pieno il suo punto di vista riguardo la ripartenza del calcio, che non è mai stata messa in discussione: “La nostra esigenza di ripartenza è consacrata all’interno del nostro DNA: ci chiamiamo Federazione Italiana Giuoco Calcio. Per me è stata una parentesi di grande tristezza, e lo farò presente, constatare che nel mondo del calcio alcuni facciano di tutto per non giocare, convinti che così non pagherebbero alcune mensilità ai propri tesserati. È un gioco perverso quello di una società che non vuole giocare per limitare i danni. Tutto questo mi ha convinto a portare avanti questa battaglia. So quanti italiani pensano che non si debba giocare: capisco che sarà triste vedere le partite a porte chiuse, ma se riparte l’economia del nostro Paese non può non ripartire una delle sue industrie più importanti“.
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