Serie A

Falcao: “Juve-Roma derby nazionale. Il gol di Turone fu uno scandalo”

Paulo Roberto Falcao
Paulo Roberto Falcao - Foto Antonio Fraioli

Insieme a Totti, Paulo Roberto Falcao è sicuramente l’icona della romanità.  Oggi il brasiliano vive il dramma del Covid nel suo palazzo di Porto Alegre, insieme alla moglie Cristina e la figlia Antonia di 15 anni, e ricorda con nostalgia le sfide tra la Juventus e i giallorossi senza dimenticare il gol di Turone: “Come me la passo in Brasile? Esattamente come voi ve la passate in Italia – ha detto Falcao ai microfoni del Corriere dello Sport -. Si riapre e si chiude tutto a seconda di quanto sono pieni gli ospedali. La mia sensazione è che nessuno ci sta capendo niente. E’ un momento triste anche per il calcio con gli stadi vuoti e lo spettacolo che ne risente”.

E’ poi passato a parlare di cosa significava per lui il match Juventus-Roma, in vista di quello che si giocherà questa sera all’Allianz Stadium, valido per la 21esima giornata della Serie A 2020/2021: “C’era sempre una tensione incredibile, anche tra i tifosi. E’ stato un derby nazionale, o meglio lo è diventato in quegli anni. Prima si parlava quasi solo delle sfide tra la Juve e il Torino, Milan o Inter. La Roma in quegli anni ha meritato di giocarsela alla pari con la squadra più forte. Non è stata sempre la partita più importante o comunque quella decisiva per vincere lo scudetto. A parte nel 1981…”.

“Il gol di Turone? E’ stato uno scandalo. Quello non fu uno scudetto perso, ma tolto. Non ho mai visto in vita mia una cosa del genere. Quando Di Bartolomei ha alzato la palla, alle spalle di Gentile, per Pruzzo che ha colpito di testa io sono arrivato in velocità e non sono riuscito ad arrivare sul pallone. Vuol dire che ero dietro la linea, non ero in fuorigioco. Turone tanto meno visto che veniva ancora più da dietro. Abbiamo provato impotenza, un fatto scandaloso che ha deciso un campionato. Era il gol dello scudetto. Ancora oggi nessuno ha detto chi era in fuorigioco. Erano 40 anni che la Roma non vinceva il tricolore, dietro quel pallone c’era una storia. E’ stata una sofferenza per tutti: della gente che stava sempre dietro la squadra, per noi giocatori che stavamo dando tutto in campo. Non era solo una partita”.

“La mia rivincita al Comunale? Un bel ricordo, ma la vera prova che eravamo più forti è arrivata circa 15 giorni dopo quando in Coppa Italia abbiamo eliminato in semifinale proprio la Juve a Torino vincendo 0-1 con gol di Ancelotti. Per noi era importante dimostrare che meritavamo lo scudetto, è il mio ricordo più bello contro la Juventus. Poi in finale abbiamo battuto il Torino ai rigori. E’ stata la partita che ci ha rimesso in lotta per lo scudetto anche in quella stagione. Conti è andato sul fondo e ha crossato, ho visto il pasticcio tra Brio e Zoff e ho approfittato del regalo. Ricordo ancora il titolo del Corriere dello Sport-Stadio il giorno dopo: “Riaperta la corsa scudetto”. Se perdevamo lì andava a 5 punti di distanza e di quei tempi erano tantissimi. La Juve era, ed è, una società fantastica, nessuno può discuterlo. Quindi batterla a casa sua rappresenta un qualcosa di importantissimo”.

Oggi quella rivalità non si sente più come a quei tempi: “Manca la competitività non la passione. La Juve è sempre stata davanti di troppi punti in questi anni mentre negli anni ’80 si sentiva la tensione. Le altre squadre sono rimaste un po’ indietro, compreso la Roma che però ora mi pare sia sopra i bianconeri. Quindi magari è la volta buona”.

Falcao ammette che tra i calciatori della Juventus di quegli anni che avrebbe voluto nella sua Roma è Tardelli: “Senza dubbio Marco Tardelli. Oggi tutti parlano di box to box come se fosse un qualcosa di moderno, ma non è vero niente. Tardelli ti arrivava davanti con molta facilità pur partendo da dietro. Come facevano pure Matthaus e Cerezo. Marco era un giocatore di grande rendimento. Ce ne erano tanti forti, ma se ne devo scegliere uno mi prendo lui”.

Sul suo arrivo in Italia: “Mi sono detto: ma sono in Italia o mi hanno riportato in Brasile? Perché all’aeroporto c’erano tantissime persone, un’atmosfera incredibile. Nella mia testa c’era il pensiero: vado in Europa e trovo giusto qualche giornalista. Mica sarà caldo come in Brasile. Mi sbagliavo, era proprio un altro Brasile. Ma non era per Falcao, ma per una speranza, all’epoca nessuno mi conosceva in Italia. Mica è come adesso che possiamo vedere pure il calcio cinese in televisione. Era la speranza di poter vedere qualcosa di nuovo, di sognare. Poteva essere Falcao o Pinco Pallino o Zico. Oggi appena prendono un giocatore sai tutto di lui”.

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