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“Se sono contento che il 18 maggio ripartano gli allenamenti di squadra? Sì, perché il calcio dà lavoro in Italia a centomila persone e perché, da sportivo, penso che lo scudetto si vince e si perde sul campo“. Lo ha detto Fabio Capello in un’intervista ai microfoni del Corriere dello Sport, in cui ha parlato anche della ripresa del campionato di Serie A, su cui non si ha ancora la certezza vista l’emergenza coronavirus, anche se tra una settimana ricominceranno gli allenamenti in gruppo. “Cosa mi ha fatto cambiare idea? Il fatto che ne stiamo venendo fuori, con tutte le precauzioni del caso. Ma stare chiusi non si può un giorno di più”.
“Un nuovo caso può fermare tutto? Sì, se non cambiano le regole d’ingaggio del virus – ha proseguito Capello -. Perciò ho proposto un torneo di 40 giorni in ritiro permanente, come ai mondiali. La soluzione ideale sarebbe quella tedesca, ma in Italia è tutto più difficile. Abbiamo un debole per le complicazioni. Temo più gli infortuni del virus, i calciatori hanno lavorato due mesi in casa con molti limiti e adesso hanno voglia di entrare subito in forma. Il rischio muscolare è già alto negli allenamenti. Se si giocheranno tre partite a settimana, il recupero fisico tra una prestazione e l’altra è difficile. Le cinque sostituzioni sono una manna dal cielo, si tratta di proteggere la salute degli atleti. Non vorrei essere nei panni di un tecnico, allenare senza contatto fisico è problematico”.
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“Ma la difficoltà più grande è psicologica, devi entrare nella testa dei calciatori dove adesso c’è la paura del virus e degli infortuni, ma anche la disabitudine a giocare senza pubblico – ha poi aggiunto l’ex allenatore di Milan e Juventus -. Il calciatore è un animale da stadio, sente la folla addosso. Giocare come negli allenamenti è diverso. Qui la differenza la fanno i grandi campioni, non tanto dal punto di vista tecnico. Conta la personalità”.
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