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“Ho provato a capire, attraverso i tribunali e scrivendo un libro, il motivo per cui alla fine di quella stagione dopo un’annata più che dignitosa mi sono ritrovato a essere estromesso dopo solo tre anni dall’arrivo in massima serie”. E’ una storia oscura quella in cui è incappato l’ex arbitro di Latina, Claudio Gavillucci, mandato a casa nel 2018 ufficialmente per motivate ragioni tecniche, ma con più di un sospetto per le sue valutazioni precipitate improvvisamente dopo quel famoso Sampdoria-Napoli in cui il fischietto laziale, sentendo dei cori all’indirizzo di Kalidou Koulibaly, decise con coraggio di fermare la partita. Una scelta che potrebbe aver pagato a fine annata: “I segnali che arrivavano dalla politica, anche in casi successivi, era che per pochi stupidi non si poteva interrompere una partita, si minimizzava la situazione. Sono voluto andare a fondo, capire perché in Italia rispetto a Uefa e Fifa, che pongono grande attenzione sul razzismo, da noi si preferisce allontanare i microfoni dalle curve per non far sentire i cori nei confronti di giocatori di colore o di altre tifoserie”.
Adesso Gavillucci, che ha lasciato l’Aia, coltiva ancora la passione dell’arbitraggio in Inghilterra: “A distanza di anni sono contento di aver acceso un faro su questa problema, c’è stata un’attenzione maggiore ma siamo lontani anni luce rispetto all’Inghilterra, dove si inginocchiano e hanno tutta un’altra sensibilità , anche nei confronti dei diritti delle comunità LGBT”.
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