In tre mesi esatti, con semplicità , umiltà , idee, ha cambiato tutto. E ha restituito dignità e leggerezza a una Roma che era diventata ostaggio di José Mourinho. A volte, rischiare paga: lo ha dimostrato il club giallorosso, che ha dato il benservito allo Special One e si è affidata a un quasi esordiente con pochissima esperienza, ma con enorme credibilità in questa piazza. La bandiera di una vita, il simbolo, il condottiero in campo, ora anche in panchina.
Doveva essere un traghettatore, quella scossa in grado di rivitalizzare, in modo estemporaneo, un ambiente depresso, dei giocatori finiti ai margini, una classifica che stava per precipitare passo dopo passo. Invece, in novanta giorni, Daniele De Rossi si è preso, anzi, ripreso la Roma, anche da allenatore, e si è guadagnato un rinnovo meritato e quasi scontato per quanto ha fatto vedere. Nel calcio si tende a dare giudizi forse in modo troppo rapido, e anche con DDR sarebbe il caso di non eccedere nelle lodi dopo così poco tempo, ma fin qui è emersa soprattutto una cosa: sa come si coccola e si sprona questa piazza, sa far giocare bene una squadra che veniva dipinta, in modo illusorio, come carente. Sa comunicare, sa essere diretto ma senza scadere in futili polemiche e mantenendo la lucidità necessaria: anche in questo in pochi mesi è cambiato tutto alla Roma. Sa far punti, sono 26 in 11 giornate, dalla ventunesima in cui è subentrato alla trentaduesima, esclusa però visto che non si è ancora completata la sfida contro l’Udinese. Se finisse in pareggio, avrebbe fatto peggio soltanto dell’Inter e alla pari di Milan e Bologna. E se lunedì batterà il Bologna, con una partita ancora in meno, avrà ottenuto un rendimento fin qui superiore a tutte tranne a Inter ed eventualmente al Milan da quando è stato ingaggiato. Sono fin qui 8 vittorie, 2 pareggi, 1 sconfitta. E nelle otto vittorie c’è il derby con la Lazio, in cui i giallorossi sono tornati a sorridere dopo una serie di delusioni. Mica poco.
Con lui Dybala è tornato a giocare con continuità e a segnare, Pellegrini è rientrato al centro del progetto, Lukaku ha cominciato a lavorare per la squadra diminuendo le proprie medie realizzative. Ma è appunto quello di squadra il concetto: una squadra che è tornata a giocare compatta, l’uno per l’altro, spregiudicata davanti ma capace di difendere bene. Due sole sconfitte, quella con l’Inter che sta dominando il campionato e l’altra, ininfluente, a Brighton dopo il 4-0 rifilato a De Zerbi all’andata. E ora, un quarto di finale messo in discesa sette giorni fa col Milan, ma che in ogni caso non sposterà nulla del ragionamento su De Rossi. E’ chiaro, vincere un trofeo, quell’Europa League sfuggita per dettagli e arbitraggio lo scorso anno, sarebbe una conferma ulteriore, ma il lavoro lo si giudica giorno dopo giorno, e l’ex centrocampista ha già fatto abbastanza quantomeno per essere messo alla prova fin da luglio, in una stagione interamente costruita da lui. Da traghettatore a capo-progetto, in tre mesi, da quel 16 gennaio, De Rossi ha cambiato la storia di una stagione, ha fatto dimenticare una figura imponente come quella di Mou e dallo storico ‘capitan futuro’ è passato a essere l’allenatore del futuro.