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E venne il giorno. O per meglio dire, la giornata. Quella che probabilmente ci dirà qualcosa in più sulla lotta scudetto. Perché Napoli e Milan arrivano allo scontro diretto tra le due prime della classe a pari punti, ma in momenti e in stati di forma assolutamente diversi. I padroni di casa in un buon momento, con l’umiliazione subita dal Barcellona ormai metabolizzata e consci che, nonostante il brutto periodo negativo di dicembre, sono lì a giocarsela. Una consapevolezza non da poco, che però potrebbe essere condivisa dagli ospiti. I rossoneri, infatti, nonostante le sole due vittorie nelle ultime sei partite e un gioco apparso involuto (d’altronde, non si spiegherebbero gli scialbi pareggi con Salernitana e Udinese), sanno che se dovessero vincere al Maradona trarrebbero una spinta propulsiva davvero importante in vista poi delle ultime dieci. E’ uno snodo fondamentale, Spalletti e Pioli si giocano tutto, ma sanno che c’è il terzo incomodo.
E’ un’Inter alla quale è crollato il mondo addosso in pochissimi giorni: un piede e mezzo fuori dalla Champions, il digiuno da vittorie in campionato da quattro giornate. In sostanza, da prima della doppietta di Giroud nel derby, si è passati dal campionato già vinto al terzo posto, che in realtà può essere primo – con un punto di vantaggio – se si vince il recupero. Non basta però a chi stava dominando. La partita con la Salernitana arriva nel momento giusto: se non si batte nemmeno l’ultima, peraltro in serie positiva di pareggi, allora è inutile ambire alla seconda stella. Se si portano a casa questi tre punti, si potrà approfittare dello scontro diretto tra le due rivali, e psicologicamente potrebbe essere ottimo. C’è un terzo incomodo, ma c’è anche il quarto: la Juventus, che ufficialmente si dice fuori dalla lotta, ma che può rientrarci in qualsiasi momento. E che, già lo sa, battendo lo Spezia si ritroverà a meno cinque dal secondo posto, o addirittura alla stessa distanza dal primo in base a quello che accadrà sugli altri campi. E a quel punto, a dieci giornate dalla fine, nulla sarebbe impossibile. Ma bisogna ritrovare un gioco più convincente, perché non sempre gli autogol possono salvare Allegri: Vlahovic ha bisogno di palloni giocabili, o gli ottanta milioni per il suo cartellino sono quasi sprecati.
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