Settimane di saluti dal sapore anche un po’ retrò nel calcio italiano. Dopo l’addio alla panchina (di club, non nazionale) di Claudio Ranieri, ecco che il Milan saluta Stefano Pioli, esonerato nel 2007 dal Parma per far posto proprio al collega romano, suo maestro da sempre. È tempo dei discorsi per il tecnico (che non ha parlato in conferenza) a San Siro in occasione dell’ultima partita stagionale contro la Salernitana. E forse dei fischi o degli applausi. L’indifferenza, quella proprio no, non se la merita, perché in un modo o nell’altro il tecnico di Parma non può essere considerato come un capitolo dimenticabile di una storia ultracentenaria come quella del Milan. Quattro stagioni e mezzo. Più di 100 vittorie in campionato. Prima di lui, solo Carlo Ancelotti, Nereo Rocco, Fabio Capello e Nils Liedholm ci erano riusciti. Il sentimento dominante di San Siro è tutto da valutare. Non è chiaro se penderà a favore del ricordo di uno Scudetto che ha interrotto un digiuno di undici anni, o se invece si tramuterà nel malumore per un confronto straperso con l’Inter di Inzaghi nell’ultima stagione e mezza (con un euroderby di Champions da cui il Milan è uscito sconfitto). Quel che è certo è che l’avventura di Pioli è iniziata tra lo scetticismo generale e si conclude tra le critiche. Nel mezzo alti e bassi. Uno Scudetto storico. E un’emergenza infortuni che è stato alla base dei problemi di continuità.
A lui però il merito di aver riportato il Milan (fuori da 7 anni dalla top 4) a puntare ad obiettivi diversi che lui stesso alla fine non è riuscito a conquistare con continuità. Pioli ha alzato l’asticella, non è riuscito a superarla, ma ha il merito di aver voltato definitivamente pagina con un passato che stava tenendo il Milan in stagnazione. Nel 2021/22, quello dello Scudetto, il club rossonero ha conquistato 86 punti e ha registrato il suo miglior risultato nell’era dei tre a vittoria, vincendo 26 partite (solo nel 2005/06, 1950/51 e 1949/50 ha fatto altrettanto) e totalizzando 18 clean sheet (come nella stagione 2011/12). Al centro della sua esperienza la figura di Zlatan Ibrahimovic, prima in veste di leader tecnico e morale in campo, poi in qualità di consulente tecnico di RedBird con un peso specifico rilevante nella mancata conferma del tecnico.
“Inutile nasconderci: a fare la differenza nel nostro ambiente è il fatto che a vincere lo Scudetto sia l’Inter e ad eliminarci dalla Champions sia stata sempre l’Inter. Quando vinceva la Juve e il Milan arrivava quinto, sesto o secondo, tutto sommato veniva dipinta come una squadra che aveva fatto quel che doveva fare. Ora i nostri errori vengono rimarcati di più visto che a vincere è la rivale”, le parole del tecnico rossonero in una recente conferenza stampa. L’ultima stagione conferma il dato impietoso nei derby. Stefano Pioli è l’allenatore che ha perso più partite nella storia dei derby di Milano tra tutte le competizioni: dieci sconfitte, tutte alla guida dei rossoneri. Da quando è sulla panchina del Milan, ha vinto solo tre delle 15 sfide in generale contro l’Inter, segnando 13 gol e subendone 31. Pesa nel giudizio complessivo. E la separazione è diventata inevitabile nonostante uno Scudetto, due secondi posti e una quarta posizione, con un quarto di finale di Champions. Il Milan saluta Pioli con una rinnovata consapevolezza che arrivare secondi in rossonero non è sufficiente. E Pioli saluta il Milan con un curriculum più ricco e ambizioni più alte di quando sembrava essere solamente un traghettatore verso l’era Rangnick. Alla fine meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati. Se con fischi o applausi, lo deciderà San Siro. Che ha memoria, ma anche ambizione.