
Coreografia Fiorentina-Juventus - Foto Lisa Guglielmi / IPA Sport / IPA
Il 29 aprile 2001 le telecamere di Stream evitarono di inquadrare la curva nord laziale per tutta la durata del derby di Roma. La ragione va ricercata in quella che ad oggi è l’unica coreografia ad essere stata esposta per tutta la partita: migliaia di fratini e cappellini distribuiti ai tifosi in modo tale da formare una sola scritta ‘Roma m****’. La Lazio era diffidata e arrivò la squalifica, ma ad aggravare la posizione della curva fu soprattutto uno striscione razzista. Risultato: un turno di stop all’Olimpico biancoceleste, 40 milioni di multa per l’insulto su carta, 20 milioni di multa per l’insulto scenografico, al pari dei 20 milioni inflitti alla Roma per il lancio di 20 bottigliette piene d’acqua. Storie di derby, che vanno ad affiancarsi alla polemica calcistica del week end. La coreografia ‘Juve m****’ esposta in Curva Ferrovia prima di Fiorentina-Juventus ha scatenato dibattiti e veleni. Secondo quanto riporta Tuttosport, la dirigenza della Juventus avrebbe anche chiesto chiarimenti agli organi competenti. Per ora si è mossa solo la giustizia sportiva, che ha inflitto alla società viola un’ammenda di 50.000 euro con diffida.
Un caso diverso coinvolge sempre le due tifoserie romane. Nella stracittadina di andata di questo campionato apparì in sud la scritta ‘Anti Lazio’. Opposizione, non insulto. Ecco perché la sanzione fu puntuale, ma non riguardò la coreografia: 10.000 euro di multa per cinque fumogeni e un petardo. Discorso diverso il caso del febbraio 2020, quando la curva sud del Milan decise di dedicare ai rivali interisti il solito insulto, ma con un altro mezzo: nessun fratino, nessun cartoncino, solo le luci dei telefoni (imitando una coreografia laziale, non offensiva, di qualche settimana prima) a formare la gigantesca scritta ‘Inter m****’. Sanzioni? Nessuna, forse per via del terreno inesplorato: non una coreografia con migliaia di cartoncini (che da anni ricevono, salvo eccezioni, l’autorizzazione del club e l’ok del G.O.S.), bensì un invito con i volantini ad accendere la torcia del telefono al momento opportuno. Anche così una scenografia fa giurisprudenza. Come quella degli ultras della Lazio del 2001. Un tifoso biancoceleste fu destinatario di Daspo, ma la Cassazione ridimensionò il caso dell’enorme scritta anti-Roma. Che era sì “offensiva” e poteva sì costituire “una indiretta induzione alla violenza in forma di provocazione”, ma rientrava comunque nel “libero diritto di manifestare”, stando alle parole usate nella sentenza riportate dall’edizione cartacea del Corriere della Sera del 2 marzo 2002. Era un insulto, non una minaccia. Passibile quindi di multa e non di Daspo. Ventitré anni dopo, il caso dell’insulto coreografico rimane d’attualità.