Serie A

Coronavirus-Serie A: il vero nemico è il tempo

Una volta c’era il colera a spaventare gli italiani e a scontrarsi con la più nazionalpopolare delle passioni. Ma nel 1973-74 il calcio non si fermò e la Lazio poté vincere così il suo primo storico Scudetto. Se la macabra coincidenza potrà manifestarsi quest’anno a maggio al tempo del coronavirus, ce lo diranno le prossime settimane. Per il momento a scoperchiare la paura di uno stop ci ha pensato Beppe Marotta che ai microfoni della ‘Gazzetta dello Sport’ pronuncia la frase che tutti pensano ma che nessuno ha avuto il coraggio di dire a voce alta: “Il campionato rischia di non finire“. Per la Serie A il vero nemico è il tempo – tanto per citare la locandina di ‘1917’ di Sam Mendes. Lo dimostra il paradosso che costringe di fatto la macchina organizzativa del campionato a tifare contro l’Inter nelle Coppe (non ci sono più date disponibili per i rinvii). Ma anche l’imminente settimana bollente con Atalanta-Lazio e Inter-Sassuolo in programma probabilmente a porte chiuse in barba al principio cristallizzato solo pochi giorni fa in base al quale a porte chiuse in Serie A non si può giocare. E infine la marcia d’avvicinamento agli Europei del 2020 che per ironia della sorte, nell’annata in cui persino Schengen ha rischiato di essere messo in discussione a causa dell’allarme contagi, si giocheranno con la storica formula itinerante.

La Serie A rischia di implodere. Solo la guerra nei massimi campionati europei ha avuto il potere di fermare il calcio. Due anni fa ci ha provato il presidente del Paok Salonicco, Ivan Savvidis, con una irruzione in campo con tanto di pistola, a bloccare tutto. Il Governo Tsipras sospese il campionato, fu ad un passo dall’annullarlo per poi tornare sui suoi passi poche settimane dopo per le proteste dei tifosi. Potere del pallone che in Italia ha smesso di rotolare a campionato in corso nella stagione 1914-15: occorre fare un salto indietro di 105 anni senza fuggire dall’attualità vista la rivendicazione del titolo ad opera della Lazio. Nel finale mai vissuto di quel campionato non fu giocata la finale nazionale e la finale centro sud, le autorità decisero di assegnare il titolo al Genoa in virtù del predominio delle squadre del nord in quel periodo (negli anni precedenti il Casale vinse con un risultato complessivo di 9-1, la Pro Vercelli si impose per 6-0). Poi la memoria dei campionati regionali di guerra negli anni ’40 quando il calcio aveva raggiunto quel grado di popolarità tale da permettersi di sopravvivere a tutti i costi anche ad un livello circoscritto. Ora lo sport più popolare è chiamato ad affrontare la sfida globale dell’epidemia. Ma lì dove non arriva il coronavirus, a fermare tutto potrebbe riuscirci il disastro organizzativo.

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