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Conte si dimentica dei cambi, altra serata amara per l’Inter contro un gran Verona

Antonio Conte - Foto Antonio Fraioli

Quarto posto, come alla fine dello scorso anno. Antonio Conte doveva essere l’uomo giusto per riportare i nerazzurri in alto, ma ancora una volta è mancato qualcosa per il salto di qualità. Dopo la ripresa del post lockdown si è vista una squadra lontana parente di quella vista nel corso di un’intera stagione, incapace di gestirsi in campo e di controllare le partite come invece accadeva puntualmente nei primi mesi di questo campionato. E anche al Bentegodi è scesa in campo ancora una volta la versione sbiadita – il verde acqua non c’entra – dell’Inter 2.0, quella che subisce le rimonte, che non ha più in attacco le certezze della coppia Lukaku-Lautaro, nonostante un Sanchez in grande spolvero.

E che non schiera le punte di diamante. Il turnover contro questo Verona, la vera rivelazione del campionato, è praticamente impossibile da concepire, e vedere in campo Eriksen solo a pochi minuti dalla fine sul 2-2 appare una mossa tardiva e soprattutto sbagliata: il danese non può entrare in partita in una manciata di giri di lancette e un utilizzo del genere sembra quasi come una bocciatura. Stesso discorso per Lautaro Martinez: e l’anno scorso non erano emerse tutte le qualità dell’asso argentino, era soprattutto per via di un utilizzo col contagocce, fatto di spezzoni e di ingressi poco convinti.

Appare dunque Antonio Conte come il principale imputato per questo pareggio che costa altri due punti in classifica, soprattutto per via della gestione della panchina. Cinque i cambi da poter effettuare, soltanto tre i giocatori subentrati, due di questi – peraltro dei fuoriclasse – soltanto negli ultimi minuti. Il tecnico salentino lamentava una panchina corta e l’impossibilità di cambiare in corsa dopo alcune sconfitte autunnali – prima su tutte quella di Dortmund – adesso gran parte della rosa è a disposizione e il mercato ha allargato il parco scelte. Conte, però, sembra esserselo dimenticato. Davvero credeva di poter gestire l’1-2, arrivato quasi senza sapere come, contro una squadra affamata e fisica come quella di Juric senza rivolgersi alla panchina? A volte rischiare di stravolgere gli equilibri può servire per evitare certi cali e dunque rimonte, il 2-2 finale lo dimostra ed è il risultato più giusto per questa partita. Non basta quest’Inter, francamente modesta seppur in lieve ripresa rispetto a Sassuolo e Bologna, contro un Verona che dimostra ancora una volta di essere nel suo piccolo una macchina praticamente perfetta. L’Europa, probabilmente, non arriverà, ma aver raggiunto la salvezza così presto e in questo modo sa già di piccolo scudetto.

Dieci punti di distacco dalla vetta occupata dalla Juventus. Quarto posto e a meno uno dall’Atalanta. Venti punti persi da situazione di vantaggio. E’ un vero e proprio bollettino di guerra e a sette giornate dalla fine la frustrazione in casa nerazzurra è palpabile. La Champions non è a rischio, ma ci si aspettava di più rispetto alla scorsa stagione praticamente fotocopiata con un po’ di apprensione in meno ma, è il caso di dirlo, anche un po’ di noia in più.

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