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L’ex bandiera della Juventus Claudio Marchisio ha espresso, come di consueto con lucidità , un parere sulla possibilità o meno che il campionato di calcio riprenda in seguito all’emergenza coronavirus. L’ex centrocampista sa che in caso di stop alla Serie A le conseguenze a livello economico sarebbero disastrose e lo spiega in un’intervista a Tuttosport: “In questo momento il calcio è nelle grinfie di questa situazione come qualsiasi altra attività , come qualsiasi persona. Ma se si parla di calcio bisognerebbe però sapere che si tratta di una delle prime dieci industrie del Paese, con un indotto molto importante e un movimento di massa che coinvolge milioni di persone di qualsiasi età ”.
Un problema che riguarda soprattutto i campionati minori, non solo la Serie A: “Dobbiamo pensare anche ai giocatori di Serie B e di Serie C, che già hanno un altro tipo di trattamento economico. Ci sono i magazzinieri, i fisioterapisti, la sicurezza, tutti i giornalisti e operatori dei media che portano il calcio nelle case degli appassionati che con quei pochi soldi riescono però a coprire qualche spesa o padri e madri di famiglia che così riescono a far quadrare i conti a fine mese. Il calcio è una macchina enorme, che viene trainata da quei giocatori più visibili e pagati, ma dentro la quale ci sono quasi duecentomila persone che vivono proprio del pallone”.
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Marchisio comunque comprende come sia una decisione delicata da prendere e prova a soppesare pro e contro: “Il calcio non deve riprendere perché deve assegnarsi il tricolore o per stabilire chi viene promosso e chi retrocede. Ma perché chiudere questa stagione significa porre le basi per la prossima. Anche perché, parliamoci chiaro, non ci sarà differenza fra maggio e settembre. Anzi, se si dà ascolto a certi scienziati, l’estate potrebbe essere una stagione che aiuta a limitare moltissimo i contagi. Se si decidesse di non ripartire la decisione sarebbe da rispettare, ma allora lo Stato dovrebbe prendersi delle responsabilità , perché in questo momento servono decisioni concrete per mandare avanti l’economia del Paese. Mi preoccupo da imprenditore, io ho tre ristoranti. Le società di calcio fallirebbero senza la ripartenza, provocando la perdita del lavoro non solo dei giocatori, ma soprattutto dei lavoratori che contribuiscono al funzionamento della macchina”.
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