Il ruggito per Gabbia alla lettura delle formazioni fa capire che il derby è ancora negli occhi e nel cuore dei tifosi, l’occasione per il Diavolo è quella giusta per ricucire lo strappo dopo la pesante contestazione nel finale di Milan-Liverpool. In poco più di una settimana, con un calendario e ritmo così serrati, può cambiare tutto: umori, giudizi e – soprattutto – classifica.
Ma è ancora un Milan che balla su un equilibrio sottile nell’anticipo che apre la sesta giornata di Serie A, tra la possibilità di cestinare lo slancio derivante dal derby e quella di infilare la terza vittoria consecutiva in campionato (evento che non si verifica da marzo/aprile), dall’eventualità di incappare in uno dei peggiori avvii della storia del club a quella di balzare in vetta, almeno per una notte. L’incontro stesso vive di questi paradossi. Nella prima mezz’ora abbondante è il Lecce dell’ex Rebic (molto applaudito) a fare la partita e a chiamare in causa Maignan più di Falcone. I salentini non concedono occasioni e ripartono con ottima applicazione, la squadra di Fonseca fa fatica a trovare trame interessanti. Ma l’incantesimo lo rompe Morata. Nuovo look, vecchio istinto da attaccante vero: il suo colpo di testa al minuto 38 sulla punizione pennellata da Theo è una boccata d’ossigeno purissima per il Diavolo e per tutto il suo popolo. E d’incanto il Milan riprende a galoppare ritrovando le sue certezze. Capitan Leao (per questa sera) riscatta un primo tempo non indimenticabile lanciando Theo Hernandez, il francese buca Falcone e riscrive la storia: eguagliato Maldini, chi lo ha portato in Italia, a 29 gol come difensore più prolifico del club. Ma non c’è tempo per respirare, perché i padroni di casa calano il tris: Abraham viene fermato prima dal palo e poi dal portiere, nel flipper la zampata del 3-0 è del solito Pulisic. Bastano così 5 minuti per vanificare gli ottimi 38 di un Lecce tramortito e in grave difficoltà.
Guai, però, ad abbassare la guardia in casa Milan. L’esempio lo dà Morata, che continua a mordere le caviglie a chiunque passi di lì e si spegne (stremato, era addirittura in dubbio per la convocazione) al 55′. La standing ovation che San Siro gli riserva ripaga un’altra generosa e qualitativa prestazione. Il secondo tempo, come contro il Venezia, è un altro test per risparmiare energie senza perdere solidità difensiva. C’è spazio anche per Chukwueze, e Jovic mentre Leao resta in campo sino al triplice fischio. Dura poco, invece, la partita di Bartesaghi: subentrato al 75′ per far rifiatare Theo, viene espulso all’80’ dall’arbitro Zufferli, che valuta troppo pericoloso l’intervento su Banda nonostante il precedente tocco sulla sfera. Tra l’incessante sostegno della Sud, l’incontro scivola via comunque senza particolari sussulti mentre la testa può viaggiare già in direzione Germania. Dopo la risalita in campionato, la squadra di Fonseca deve rispondere anche in Champions in casa del Bayer Leverkusen, ultimi campioni della Bundesliga.