Leonardo Bonucci, ex difensore della Juventus, è stato ospite di Gianluca Gazzoli al podcast ‘Passa dal Bsmt’ e ha raccontato del suo addio ai bianconeri: “Me ne sono dovuto andare quasi scappando perché qualcuno aveva deciso che doveva andare così, è stata una scelta di un singolo che non meritavo“. “Mi sono ritrovato con Giuntoli che era appena arrivato e quindi non aveva possibilità di fare diversamente e mi ha detto ‘Guarda, non sei più nei piani. Sei fuori rosa’. All’inizio mi sembrava quasi uno scherzo, dopo più di 500 partite ricevere il benservito in questa maniera… Invece era tutto reale. Paradossalmente sono tornato il 17 di luglio ad allenarmi, e mi allenavo alle 7.30 di sera quando la squadra si allenava o al mattino presto o addirittura al pomeriggio non si allenava. Ero insieme ad altri ragazzi che erano nella mia stessa situazione, che magari erano stati in prestito da qualche parte o rientravano da un infortunio. Non so ancora oggi darmi una spiegazione. O meglio, la spiegazione la so. È stato un gioco di potere. Prima che Giuntoli mi comunicasse la decisione, io l’avevo già annusata. Cominciavano ad uscire degli articoli che un po’ lanciavano il segnale e infatti quando ricevetti la chiamata da Manna che mi avvisava che sarebbero venuti a casa per parlarmi, dissi a mia moglie ‘Guarda, vengono perché sta succedendo qualcosa che non ci aspettavamo’. Quindi ero preparato, ma non sei mai preparato a certe cose che ti vengono dette. Soprattutto quando fai tutta una carriera improntata sulla Juventus. Ora sogno di arrivare a sedermi su una panchina importante come la Juventus, mi piace pensare che questa storia non sia finita“, dice Bonucci.
Il difensore aveva deciso di portare avanti una causa contro la Juventus: “La rabbia che avevo dentro mi ha fatto fare delle scelte sbagliate, sono andato avanti, avevo la forza del contratto firmato per andare contro la Juve ma l’ho fatto per rabbia. Non era la Juve, non c’erano le persone adatte per fare una scelta come quella fatta. I dirigenti subentrati non avevano il potere ma sono andati sulla scia di quelle che erano le decisioni di altri. Quando mi sono fermato e la rabbia è scemata mi sono detto ‘Cosa sto facendo?’. Mi sono fermato nella battaglia che mi avrebbe portato alla vittoria, avrei vinto visto che ho subito mobbing e c’erano tutte le basi per vincere. Dopo il confronto con mia moglie, la decisione di fermare la battaglia è stata la migliore, in previsione di questo sogno che le nostre strade si possano incontrare”. Per lui la Juventus veniva prima di tutto: “Il mio sogno sin dall’inizio quando ho iniziato a giocare a calcio era di chiudere la carriera con la maglia della Juve dopo più di 500 partite non ho avuto il saluto che meritavo che merito tuttora per quello che ho dato alla Juventus. Io ho anteposto la Juve a mia moglie e ai miei figli, al mio benessere perché anche quando sono andato via nel 2017, e sono passato al Milan, io quella scelta l’ho fatta perché non volevo essere un problema all’interno dello spogliatoio. E quindi ho preso quella strada lì per non fare del male alla Juve. Era una cosa che avevo detto al presidente: ‘Per tutto quello che era successo negli ultimi sei mesi della stagione prima io devo andare via da qua perché sarei deleterio nello spogliatoio, perché mi conosco. Non posso stare. Non so se le strade si rincontreranno, ma oggi è questo’. La scelta è stata condivisa anche da parte dell’allenatore e del direttore. Mi hanno venduto all’epoca per poco rispetto a quello che era il valore del giocatore. L’esultanza allo Stadium? Io ho sempre detto che non capisco chi non esulta contro la sua ex squadra: se sei stato venduto è perché la società ha deciso, non rispetti i tifosi della tua squadra e avevo ricevuto solo fischi e insulti da tutto lo stadio. Non è mai stata una mancanza di rispetto“. Infine Bonucci spiega la ragione del mancato trasferimento dall’Union Berlino alla Roma questo inverno: “I tifosi giallorossi dicevano che uno juventino con la maglia della Roma non si può vedere: io sono e sarò sempre juventino, ma quando scendo in campo con una squadra gioco per la maglia che indosso”.